Bremain o Brexit? Le voci dei giovani sipontini – londinesi.

CULTURA

In Inghilterra si può votare al referendum pro o anti Europa, anche senza la cittadinanza, se hai una casa (affitto regolare) e ti sei registrato on line. Alle primarie di Milano del Pd di qualche mese fa parteciparono anche gruppi di cinesi (residenti a Milano da molti anni) e si gridò allo scandalo, si parlò di “macchia pesantissima”, di “voto taroccato”… Intervennero varie associazioni etniche (cinesi, latino americani… ), che difesero la loro partecipazione al voto come espressione di una naturale integrazione.

A Londra ci sono decine di migliaia di italiani e la maggioranza sono del Sud (tanti i sipontini).

Prima erano i meno istruiti che partivano, con le grandi ondate migratorie dell’inizio del Novecento e quelle del dopoguerra verso l’Europa centrale. Ora sono i più istruiti e la mobilità è massima tra i laureati. Dai dati Svimez 2014 si ricava che tra il 2001 e il 2014 dal Sud sono emigrati 526.000 giovani (15-34 anni), di cui il 40% (205.000) laureati, che sono cresciuti di circa mille all’anno e negli ultimi anni le donne sono superiori agli uomini.

Sul Referendum inglese ho invitato, via mail, una quindicina di giovani di Manfredonia a dire qualcosa.

“Con la Brexit vedremo. Per ora è facile trovare lavoro, ma facilmente lo si può perdere. Le opportunità esistono e ognuno ha molto della sua vita nelle proprie mani. Qui si trova lavoro senza ringraziare nessuno”.

“In Italia non contano i meriti. E’ una cosa entrata nella pelle. Non ci si rende nemmeno conto. Quando torno trovo che qualcuno si è sistemato. Sono contento per lui. Ma si è rivolto a chi conta. E’ una cosa entrata dentro e lentamente non si sa più che significa essere liberi. Qui si accetta la diversità. Londra è la città di Ken il rosso e di un sindaco musulmano”.

“Lavoro nella ricerca, mi sono laureata e specializzata in Italia e a Londra mi trovo bene. L’ambiente di lavoro è stimolante. Si è valorizzati per quello che si è e si fa. Non credo cambierà qualcosa con il Brexit”.

“Londra è una città-stato; le opinioni dei londinesi non corrispondono al resto del paese. Tutti gli inglesi che conosco votano per restare in Europa, perché si sentono cittadini europei e del mondo e non vogliono chiedere il visto per andare in Francia o in Italia. Vedono l’Europa in una visione un po’ romantica. Fuori Londra c’è molto nazionalismo o conservatorismo (non so se si dice così). Un po’ come quando parla l’agricoltore leghista del Nord.”

“Vedo in alcuni molta preoccupazione, in altri no. Il mio proprietario di casa vede l’immigrazione come fatto naturale, necessario. Qui sono favoriti i giovani, che in Italia sono guardati con diffidenza. Da voi cresce l’occupazione, ma assumono solo i cinquantenni. Perché se va male è più facile licenziarli”.

“Se vincerà l’uscita, il Brexit, è dovuto a città della provincia inglese, come Manfredonia o Varese, dove tutto è piuttosto chiuso e non c’è apertura (parlo a livello culturale)”.

“Tutti i giovani sono per restare in Europa. Ma molti di essi non vanno a votare. Quelli che votano per l’uscita temono l’arrivo di chissà quanti immigrati, ma il futuro va affrontato senza muri”.

“Insomma, non abbiate paura, non torneremo. Sarebbe bello se tutti i sipontini londinesi  il 24 giugno si presentassero a Manfredonia. Beh! Ora siamo stati fuori noi, che dite se facciamo il cambio? Riempiremmo piazza del Popolo e piazza Duomo. Ma non avverrà. State tranquilli!”.

“Non è solo il lavoro. Questa è un’isola speciale. Sarà il mare, forse la lingua inglese… nascono con il ritmo dentro. Una contaminazione durata secoli. Il venerdì sera o il sabato, basta fare un giro per i locali londinesi e si ascolta una roba straordinaria. Tutto è al meglio anche i gruppi musicali che suonano nei piccoli locali. Fate tutti i Brexit che volete. Ma la musica volerà ovunque”.

Share on FacebookShare on Google+Tweet about this on TwitterShare on LinkedIn