Vivere la città con i 5 sensi. Ma i suoni sono assordanti.

CULTURA

E’ l’esperienza del pedone quella che ci mostra “il ricco, imprevedibile e persino sporco vissuto” delle strade. Per avere l’idea di una città bisogna camminare. Andare in giro a piedi, e improvvisamente la città appare, viva, palpitante.

L’esperienza del pedone, costruita non solo con la vista, ma con i sensi, riesce ad avvertire “l’essenza vitale di una città”. Il cittadino che cammina per le strade, specie al mattino, può cogliere aspetti inconsueti. I sensi, tutti e cinque i sensi aiutano in questa opera di riscoperta della quotidianità urbana.  Anche il tatto. Toccare con la mano i monumenti è importante, una forma di saluto, di carezza. Un amico mi ha detto che prova un piacere particolare nello sfiorare le mura antiche, perché sente il tempo, l’antichità, la presenza nascosta e silenziosa di coloro che le hanno costruite e lì hanno vissuto. Le superfici incavate e lisce di pezzi scultorei davanti alle chiese (S. Domenico, S. Leonardo...) derivano da mani che hanno sfiorato, accarezzato. E timidamente, con pudore, le persone toccano oggi l’installazione della basilica di Siponto, posta sui resti di quella antica.

Altra cosa per i rumori. Non c’è niente che definisca la modernità come i rumori: il rombo di un motore, di un aereo, delle fabbriche, del traffico urbano.

Ma i rumori possono essere un segno piacevole della presenza umana. Leopardi gira annoiato per le vie di Roma e trova familiare il quartiere di Trastevere, che “risuona dello strepito dei telai e di altri tali strumenti, e del canto delle donne e degli operai…”. Tutta la sua poesia è piena di impressioni sonore: il canto degli uccelli, il verso degli animali,  il rumore dei carri, i suoni degli artigiani, e soprattutto il canto di Silvia…  Tutti suoni e rumori che abbiamo perduto. Come il canto delle ragazze in periferia.

Il rumore di fondo costituisce oggi esperienza quotidiana. Un gruppo di giovani italiani a Londra sta provando a descrivere le mappe sonore della metropoli inglese; “un modo diverso per guardare un territorio, o meglio per ascoltarlo. Più suoni riesci a captare più un posto è interessante”. La varietà dei suoni è segno di diversità e quindi di qualità della vita. A Manfredonia il rumore è quello del traffico, cupo, continuo, che copre le voci degli uomini. Poi c’è la musica notturna, quella assordante nella festa patronale, del Luna Park, delle esibizioni canore e manifestazioni in piazza. La musica degli stabilimenti balneari estivi e dei bar. Addirittura si parla di un attentato al turismo se si pongono dei limiti. La musica del Laboratorio urbano culturale fu argomento di scontri e polemiche e richieste di rescissione del contratto.

La città può essere riempita di musica diffusa, come l’esperimento di un paio di anni fa a Manfredonia, e in altri borghi e città, della musica nei cortili storici, nelle chiese, quella improvvisa nelle strade. Si potrebbe sperimentare la musica di sottofondo negli Uffici pubblici, nelle sale di attesa, all’ingresso degli alunni…

La città nel silenzio della notte è bella, ma lo è anche quella con le voci, le persone che si parlano, le radio ascoltate ad alto volume di mattina dalle persone anziane. Esistono luoghi che non possono vivere nel silenzio. Non c’è punizione più atroce di una partita di calcio a porte chiuse. Un tempo c’era per i bambini la punizione del silenzio. Oggi è scomparsa, per fortuna. Ma avrebbe senso? I ragazzi non stanno già molto tempo in silenzio, anche con i coetanei, in compagnia delle loro connessioni?

Poi ci sono anche persone che preferiscono il rumore del traffico, di motori che accelerano, brusche frenate a quello di bambini e ragazzi che giocano. Un condominio ha presentato in Comune qualche tempo una richiesta firmata da decine di persone per far cessare nel pomeriggio il gioco a pallone in un campetto vicino!

 

 

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