La Costituzione? E’ solo un pezzo di carta.

SOCIALE

“La Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé.  La Costituzione è un pezzo di carta: la lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno metterci dentro il combustibile, metterci impegno, responsabilità…”. Sono parole di Piero Calamandrei, uno dei più noti e appassionati padri costituenti. Non è che questa Costituzione ci abbia garantito dalla corruzione, clientelismo, mafia, volgarità, deviazioni. La Costituzione è inerte, ci vuole passione e tensione politica per farla diventare viva.

Mai tanti costituzionalisti in giro. Per il sì e per il no. Spesso sono francamente noiosi; sembra che la Costituzione sia proprietà personale. Quando sono in gioco i valori e gli ideali non ci sono opinioni privilegiate. Il voto è politico e scaturisce mettendo insieme varie cose, tra cui anche paura o fiducia nel futuro.

La Riforma crea una Camera delle autonomie (Senato). Mi pare interessante un Senato nominato dai Consigli regionali (tra i consiglieri più suffragati), che deve rappresentare i territori nella loro globalità e dinamicità. Siamo troppo abituati a concepire gli organismi contrapposti e con il potere di veto. Qui si tratta di costruire un altro aspetto della democrazia, quello della cooperazione, discussione, punto di incontro tra interessi territoriali e generali. Il Senato è luogo privilegiato per porre al centro, in Italia e in Europa, i territori, tutti i territori, nella loro varietà. Contano le persone che saranno scelte, ma immaginiamo la possibilità che si riesca a fare rete con le altre Regioni del Sud, a mettere insieme idee di sviluppo, a dare voce a una Italia mediterranea, che non è stata mai pensata…

Si dice che la riforma riduce la partecipazione. Si parla di governi forti, premier forti! Non so dove si leggono queste cose. La Costituzione non produce partecipazione, né legalità e onestà… A meno che non ci mettiamo il carburante! E non rispolveriamo la passione politica! Non reimpariamo a reagire all’insoddisfazione delle cose presenti, insieme, con la politica. Non si può affrontare il futuro senza costruire aspirazioni comuni. “La società contemporanea è formata da tante tribù, è compito della politica costruire ponti per un sogno comune”, una frase attribuita a Bill Clinton, peccato che la moglie Hillary non ha imparato la lezione. Ha saputo farlo Trump, invece.

Si dice che toglie potere alle Regioni, che vengono penalizzate in una nuova visione centralizzata. Una quindicina di giorni fa abbiamo visto il Governatore della Puglia, assessori, dirigenti… a Parigi per presentare i prodotti tipici dell’agricoltura pugliese. Nei giorni scorsi la regione Puglia era a Londra nell’ennesima fiera del turismo. Pare che ci siano funzionari ed esperti sempre in giro per promuovere la nostra Regione. Si presume che 21 regioni italiane si muovano allo stesso modo! Ci sono politiche generali, quelle turistiche, energetiche, che devono essere unitarie. Si promuove l’Italia, la sua cultura, la sua lingua… Abbiamo protestato per quel quesito che nel Regno Unito chiedeva se si era italiani, napoletani o siciliani!

Lo Stato imporrà le sue scelte? Potrà farlo? C’è la Camera delle autonomie, la possibilità di resistere (se sono ingiuste)… Purtroppo abbiamo una concezione dello Stato come altra cosa dal popolo. “Lo Stato siamo noi“, diceva Piero Calamandrei.

Si poteva fare una cosa migliore. Mi rendo conto che molti sono pieni di risentimento e che Renzi non lascia indifferenti, ma sono tante le rendite di posizione. Ogni cambiamento, ogni azione di governo (riforma della burocrazia, politiche migratorie, patto per il Sud…) suscita insofferenze.  Ma credo sia utile questa sfida. Utile per la democrazia, che è un autobus piuttosto sgangherato dove ognuno vuole salire, senza pagare un piccolo biglietto: che è costituito dalla fatica di informarsi, conoscere, partecipare, dire la verità e pretendere la verità.

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