Fabula 1. La Casa dei diritti a “bassa soglia” e senza marciapiedi.

SOCIALE

C’è una città dove è nata una casa per educarci tutti ai diritti, aiutare le persone in difficoltàEra una scuola abbandonata, grande, pavimenti e tetti da rifare… C’era un bando europeo e si poteva chiedere un finanziamento per fare un luogo di ascolto, monitoraggio e banca dati sull’immigrazione. Un centro interculturale e promozione di attività di integrazione e soprattutto di azioni volte alla legalità e al contrasto del caporalato. La ristrutturazione fu ostacolata da un istituto religioso che sosteneva di averne la proprietà. Ci fu un procedimento giudiziario che diede ragione al Comune. Una buona ristrutturazione  (costata poco meno di 1 milione di euro), rifacimento del tetto e degli interni, pannelli solari per l’energia, un arredo che comprendeva attrezzature per incontri, computer, una grande cucina e un grande frigorifero (quelli dei ristoranti). Ci fu il bando di gara, la progettazione, le difficoltà, le critiche di coloro che dicevano che si pensava solo agli stranieri. La Casa dei diritti ha operato per meno di un anno come centro di ascolto, ha tenuto corsi di lingua italiana, di arabo, scambi culturali, ha iniziato una indagine sulla presenza dei minori nelle campagne. Poi tutto si è fermato.

Nel progetto anche un “camper” donato dal Ministero dell’Interno, sportello mobile per monitorare la situazione dei lavoratori stagionali nel Tavoliere. E’ abbandonato da molti mesi nel cortile interno. Alla inaugurazione, nel settembre 2014 (presenti vescovo e prefetto), si sottolineò l’importanza del Centro per conoscere e governare il fenomeno più imponente del nostro tempo.

La Casa dei diritti è chiusa da 2 anni, salvo qualche raro incontro. Ora si apre per due giorni alla settimana. Un pomeriggio e una mattinata. Uno sportello a bassa soglia di informazione (proprio così sta scritto) per la tratta (la prostituzione delle straniere). Consulenza sui servizi, inclusione, accompagnamento, uscita dalla prostituzione… Tutto “a bassa soglia di informazione”. Un modo per dire che si fa qualcosa tanto per farla? E in effetti non ci va nessuna donna.

Alla cerimonia di intitolazione (due anni fa) a padre Giuseppe Dicembrino, missionario di Manfredonia morto in Bangladesh, alcuni parlarono di ampliare l’offerta culturale di quel centro, proiettare film…. Si era alla vigilia delle votazioni comunali. All’inaugurazione e alla intitolazione non erano presenti i personaggi importanti della politica e credo che non abbiano mai visitato la Casa dei diritti. Qualcuno dice che non è popolare parlare di luoghi di accoglienza per gli stranieri!

Tra le attività c’era anche il banco alimentare, distribuzione dei vestiti (per i poveri italiani e stranieri), e poi la cucina e il frigorifero, costati migliaia di euro…  La cucina e il frigorifero pare che non siano mai stati utilizzati. E forse nemmeno collaudati. A Bologna hanno messo in funzione due cucine popolari con personale volontario, prevalentemente dell’Auser (TG 1 di 3 giorni fa): forniscono centinaia di pasti al giorno. E qui? Forse è vero che non ci sono poveri. So che non è facile, ma un pizzico di immaginazione… Il camper potrebbe girare nella città e nelle campagne, conoscere la situazione dei minori, sostenere a livello alimentare i poveri italiani e stranieri…

Intanto hanno scardinato il marciapiedi, con pietre degli anni Cinquanta. La prossima volta toccherà agli ortostati, che sono eccezionali, mi dice un architetto. Continua la tradizione di demolire per costruire. Manfredonia è stata costruita con il materiale che proveniva da Siponto che si distruggeva. E un po’ anche Venezia, Barletta…

 

Share on FacebookShare on Google+Tweet about this on TwitterShare on LinkedIn