Il “Capitale” ha 150 anni. Un libro ancora vivo e a Wall Street gridano: “aveva ragione Marx”

CULTURA

Quest’anno ricorrono i 150 anni della pubblicazione del Capitale (il primo volume). Il secondo e il terzo uscirono dopo la morte di Marx a cura dell’amico Engels. Il primo volume vendette poche centinaia di copie. Per arrivare a 1000 ci vollero quattro anni. Da qualche decennio si annuncia la morte di Marx, ma in questi anni di crisi c’è un ritorno. Nuove edizioni del Capitale in Germania e in Giappone fanno registrare vendite inaspettate. La crisi economica, le disuguaglianze, il rapporto Nord – Sud del mondo, robotica e perdita del lavoro, conflitti generazionali che rischiano di esplodere, insomma non bisogna sorprendersi se a Wall Street ci sono state manifestazioni al grido: “aveva ragione Marx”.

Ma per rendere ancora vivo il suo pensiero bisogna purificarlo dalle incrostazioni leniniste e immagini e prassi del socialismo realizzato. Liberarsi dalla “militanza comunista”, fatta di disciplina, obbedienza, intransigenza. Un modello che pretendeva di possedere la verità e di ingabbiare la realtà in formule astratte. Dopo la caduta del comunismo i più rigidi sostenitori hanno avuto metamorfosi radicali, sostenendo le tesi liberiste, ma sempre con la pretesa di incarnare la verità.

Di fronte ai cambiamenti è necessario riprendere a pensare, seguendo altri sentieri, altri metodi. Un percorso faticoso per riprendersi il dubbio, l’incertezza, la fatica di cercare ancora. Marx può essere ancora utile e ha bisogno di lettori nuovi e critici. Oggi molte delle sue analisi appartengono alla storia delle idee e bisogna saper distinguere (come per tutti gli autori) tra ciò che è caduco e ciò che resta.

Si deve scoprire che l’incertezza è feconda e l’immaginazione è necessaria. Checco Zalone ha spiegato agli studenti di Taranto che ha dovuto studiare parecchio per diventare ignorante. Karl Popper: “Quanto più impariamo sul mondo tanto più consapevole e articolata sarà la conoscenza della nostra ignoranza. Più conosciamo e più ci scopriamo ignoranti, e forse non è un male”. Bertolt Brecht tesse l’elogio del dubbio: “Sono coloro che non riflettono, a non dubitare mai: / Splendida è la loro digestione, infallibile il loro giudizio. / Non credono ai fatti, credono solo a se stessi…”

Emma Bonino e Umberto Veronesi hanno parlato anche per la politica di un metodo preso dalla scienza o dalla ricerca: osservare, riflettere, sperimentare (programmare). Ritornano i circoli comunisti, leninisti, guevaristi… al di là dei nomi, per quel che ho potuto vedere e ascoltare (a Torino per esempio), non fanno alcun riferimento al passato, Lenin è morto, Marx e altri sono guardati con distacco. Gli esperimenti attuati sono falliti. Ma dentro c’era la scintilla utopica che vale la pena tenere accesa. Sono giovani che vivono nelle periferie e per loro rivoluzione significa abbattere i privilegi. Partono dal loro vissuto, da battaglie concrete (costi dei libri, trasporti, cura delle periferie…), estranei a ogni tradizione, non sono figli di quelli del ’68 o di quelli che sono stati comunisti. Sono figli di artigiani o lavoratori autonomi che hanno chiuso l’attività, di badanti straniere, di immigrati…

Al funerale di Marx c’erano il 17 marzo del 1883 undici persone, compreso Engels. Fu sepolto (inumato) nella tomba della moglie. Poi nel 1956 (con sottoscrizione pubblica) un monumento funebre a pochi metri di distanza. Il cimitero è Highgate. Si paga per entrare (molti hanno protestato), e il cimitero (come altri di Londra) è un parco bellissimo. I visitatori di Marx sono oltre 200 al giorno. Sul monumento due scritte: “Proletari di tutto il mondo unitevi”; e la XI tesi su Feuerbach: “I filosofi hanno finora interpretato il mondo in modi diversi, ora si tratta di cambiarlo”.

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