Da Art Village a Casa dei diritti. Le cooperative sociali: orto chiuso (e protetto) o collante sociale?

SOCIALE

Art village a San Severo. Un ampio spazio e un grande contenitore dove trovano posto attività sperimentali per sostenere persone dipendenti da sostanze patologiche e giovani con problematiche difficili, con la finalità di evitare il ricovero nelle strutture protette. Un luogo che esce fuori da confini e recinti e viene incontro a quelle situazioni sul limite, complesse, ma con le quali un territorio può convivere. Dal mese di settembre polemiche senza fine sulla gestione. L’accusa da parte dell’Asl è che manca la documentazione, le relazioni sui risultati, non una rendicontazione corretta… Molte cose dette sembrano poco comprensibili. Sono mancati i controlli di tipo amministrativo e sociale, questo si sostiene. Ma chi impediva all’Asl di compierli? I controlli non sono amati. Sono considerati un atto di sfiducia. E invece dovrebbero essere richiesti dalle stesse cooperative sociali. Pare che le polemiche provengano dal passato, e nascano da conflitti interni (nella cooperativa che gestisce, nell’Asl…). Assente è infatti la comunità, il Piano sociale di zona. I dipartimenti delle dipendenze e della salute mentale presentano in verità da sempre protagonismi eccessivi, interventi di prevenzione non sempre condivisi ed anche cure che spesso sono o prevalentemente farmacologiche o aprono a nuovi percorsi, con differenze tra i vari distretti molto marcate. Non ci dobbiamo scandalizzare e per questo servono le verifiche di natura sociale e culturale, il confronto, i controlli, la pubblicità degli stessi.

Su Stato Quotidiano è uscito poco più di un mese fa un breve articolo sulle cooperative. Si parla di finte cooperative che utilizzano strumentalmente la forma giuridica e nascondono una nuova forma di società politico clientelare. Dipendenti fatti passare per soci di cooperative sociali che di sociale non hanno nulla. E si parla di “mancanza di controlli da parte delle Istituzioni e una classe politica complice”. Era firmato dall’USB (Unione sindacale di base).

Casa dei diritti a Siponto. E’ del 22 settembre 2017 la determina dirigenziale che proroga l’affidamento (Comodato gratuito) a una cooperativa sociale fino a conclusione del progetto Berimbao, 30 novembre 2017, “dando atto che lo stesso progetto potrà essere ripresentato alla regione Puglia per la durata presumibile di 3 anni e cioè fino al 30 Novembre 2020 e pertanto con tale data di conclusione del comodato qualora sia concessa la prosecuzione al 2020”. Quindi, c’è una proroga di tre mesi per concludere un’attività e si aggiunge una proroga di 3 anni solo sulla base della  ripresentazione del progetto! Credo che abbiano ragione Giovanni Moro (Contro il non profit) e Carlo Borgomeo, presidente della “Fondazione Con il Sud”, quando parlano di lobbie di progettisti e di legami con strutture burocratiche di Enti pubblici.

Fino al 30 Novembre 2020! E non si sente il bisogno di una valutazione sociale, di capire che cosa sta avvenendo, di verificare la cura di un immobile dove hanno rubato persino il marciapiedi, di preparare una nuova delibera? In un anno sono avvenuti cambiamenti che prima accadevano in 20 anni! La struttura è nata per l’integrazione, oggi la sfida più impegnativa; è stato fatto qualcosa nel primo anno e poi… pare che nessun immigrato sia salito negli ultimi due anni per quei quattro gradini che portano nella Casa dei diritti.

Prima del recente congresso del Partito Democratico a Foggia, sul quotidiano l’Attacco, erano descritte le divisioni e lacerazioni interne al partito, dovute ai rapporti con le cooperative sociali e il terzo settore. Non c’è da meravigliarsi. E’ l’unico settore dove vi è un certo movimento occupazionale nel territorio e in Capitanata in particolare. E’ ancora quella una buona occupazione come si è parlato negli anni passati?

 

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