Quelli che se ne vanno. “Andate, ma sentitevi sempre legati al vostro paese”

CULTURA

Contrariamente al passato quando erano i meno istruiti che partivano, ora sono quelli più istruiti e la mobilità è massima tra i laureati. Molti partono per l’Università e non tornano più. Partono al termine della scuola superiore, e sono molti, nonostante l’Ateneo foggiano, che non riesce ad avere attrattiva sufficiente, specie per le facoltà scientifiche. Mai si lamenterà a sufficienza, per le città del Sud, la partenza dei giovani nel periodo in cui più vivace potrebbe essere il loro contributo critico, di idee e di partecipazione. Ed è una mancanza che si avverte. Spesso si parte non per restare; ma poi si trova l’ambiente di lavoro stimolante, si nota che si è valorizzati per quello che si è e si fa, si apprezza il rispetto dei meriti e delle competenze.

Nella tradizione culturale dell’Occidente il nomadismo ha affascinato più della stanzialità, l’erranza più della permanenza. L’umanità sta sperimentando la possibilità di vivere in un contesto di mobilità di persone, di cose, di culture. La stanzialità porta con sé confini, separatezze, cittadinanze rigide. La mobilità esalta l’incontro, le pluricittadinanze. Se nel mondo vecchio l’immagine forte era quella delle radici, oggi è l’àncora, che indica come niente sia definitivo (P. Bassetti). Ogni essere umano somma esperienze diverse. I territori non sono orti chiusi, ma luoghi di arrivi e partenze, snodi e centri mobili. Per questo sono necessari luoghi pubblici di confronto, per  comprendere i cambiamenti, per “rinegoziare la propria identità”.

La proposta di Bassetti è guardare a un orizzonte in cui milioni di italici nel mondo possono trovare un quadro di riferimento, un contenitore culturale e politico. Una comunità che c’è e può poggiare sulla disponibilità all’ibridazione, “un’attitudine insita nel loro sistema di valori e che è possibile leggere attraverso i secoli sulle orme lasciate dalla mobilità degli abitanti della penisola”. La civiltà di Puglia, della Daunia è costituita da popoli che hanno attraversato il mare e si sono fermati e poi da altri che si sono inseriti e sovrapposti. Ne sono un esempio i dialetti, le isole linguistiche, i tratti somatici.

E possibile costruire un forum per dare visibilità all’universo italico e sviluppare una cultura di dialogo, di valorizzazione delle differenze, di tolleranza? Nella preparazione del primo Bando del Luc furono chiamati a discutere anche i giovani che si trovavano fuori, ed è stato l’incontro più significativo per le idee, le proposte, la voglia che esprimevano di stabilire relazioni; un dialogo che non è continuato. Non sono cervelli in fuga. Sono persone con tanti legami: affetti, lingua, clima, cibo… E desiderano essere in contatto.

Il problema non è se partire o restare. Si potrebbe dire: “Andate, ma sentitevi sempre legati al vostro paese”. Non aiuta il lamento, ma piuttosto capire le cause e rispettare le scelte dolorose di chi parte e di chi resta. Pugliesi nel mondo, Argos Hippium… sono progetti che esprimono attenzione a questo mondo, dando riconoscimento a quelli che hanno gettato l’ancora in luoghi lontani, e non hanno dimenticato le radici.

Di ibridazione parla anche Andrea Prencipe (sarà premiato domenica 26 agosto), neo rettore della Luiss, nato a Manfredonia. “Un pugliese cosmopolita“, che, dopo la laurea a Pescara, ha trascorso un lungo periodo di ricerca a Brighton. Un’esperienza fondamentale, che gli ha permesso di sviluppare un approccio interdisciplinare e pragmatico, indirizzato alla soluzione dei problemi reali. Per Andrea Prencipe alcuni punti sono importanti: internazionalizzazione (gli allievi della Luiss devono studiare un anno nei più prestigiosi atenei al mondo), multidisciplinarietà (nuovi percorsi che intrecciano competenze specialistiche e quelle in scienze umane e sociali); futuro: i confini non sono altro che orizzonti da esplorare per muoversi nel nuovo mare dell’umanesimo digitale.

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