Siamo tutti coinvolti, saremo tutti travolti. Potranno aiutarci (forse) Beccaria e Manzoni.

CULTURA

La nuova comunicazione influenza la politica, il linguaggio, i rapporti tra le persone. Un codice ristretto, frasi brevi, sintesi estrema. L’uso di parole che sono buttate lì con l’idea “malsana” che tanto si può sempre ritrattare.

Sempre politicamente scorretti, grammaticalmente scorretti, cercando volutamente di infrangere regole e giudizi. Fingendo un rapporto alla pari: “Io parlo e penso come te, sono incazzato come te”. Parole indirizzate solo a costruire conflitti e alimentare aggressività. Hanno nuovi strumenti, che sono il sogno di ogni demagogo e che parlano direttamente a ciascuno senza limiti, Povero Mussolini costretto a scrivere in tanti singoli paesi con la vernice nera i suoi slogan, che si possono talvolta ancora leggere negli antichi borghi!

Una forma di comunicazione ristretta che impoverisce gli spazi mentali. Simile a quella sperimentata nel periodo post sessantotto. Nei giornali dei gruppi extraparlamentari si usavano le “parole imbroglione” (democrazia diretta, libertà, popolo) in maniera ambigua, espressioni celebrative e rituali per sorreggere il populismo dei partitini marxisti leninisti e gli schematismi ideologici di Potere operaio. Il linguaggio chiuso di quei giornali influiva nel comportamento e nell’atteggiamento mentale dei militanti, semplificando, falsificando, alterando la realtà. E le conseguenze si sono viste. La mente ha bisogno di idee diverse, i pensieri di molte parole: Dario Fo portò in scena in quegli anni un’opera intitolata: L’operaio conosce 300 parole e il padrone 1000 per questo lui è il padrone.

Accanto al linguaggio ristretto vi sono azioni che vengono esaltate, amplificate. L’abbattimento del ponte di Genova diviene un nuovo inizio, per Genova e per l’Italia. Si alza sempre il tiro, si spara sempre più in alto, fino a un punto di non ritorno, di un cedimento culturale progressivo da parte dei cittadini. Tutti i problemi sono sempre aperti e ogni giorno se ne tira fuori uno. Una persona condannata a 4 anni per tentato omicidio in tutti i gradi di giudizio? Si promette che si cercherà di farlo uscire.

E gli altri? Gli oppositori nei brevi interventi, nei tweet usano le stesse parole. Lo stesso monotono messaggio: “Sono divisi su tutto”, “litigano e non pensano agli italiani”, “L’italia isolata nel mondo…”. Non riescono a spiazzare, a trovare parole nuove che aprano il pensiero e suscitino una passione positiva, a far passare l’idea che occorre costruire integrazione e inclusione.

Manca l’ironia. Ho letto per caso che nel 2001, all’epoca del G8 a Genova, Berlusconi invitò i residenti a togliere i panni di bucato dalle strade interessate al corteo dei “grandi”… molti hanno ubbidito, sostituendoli con le mutande!

L’unico antidoto al linguaggio dei nostri giorni è cercare di costruire un minimo di ragionamento, raccontare un apologo, un aneddoto… Iniziare un’altra narrazione… Ci sono libri che raccolgono pensieri, massime… Nella Francia del ‘600 – ‘700 sorse un vero e proprio genere letterario. Internet offre un campionario enorme e infinito da Buddha a Confucio, da Mao a Napoleone, da Leonardo a La Bruyere…

Prima gli italiani, dice Salvini. Io dico prima i milanesi. Cesare Beccaria (1738 – 1794) è l’autore del libro più famoso del Settecento, Dei delitti e delle pene. “Volete prevenire i delitti? Fate leggi chiare, semplici, valide per tutti. La punizione sia certa. Non è la durata, la crudezza, l’intensità della pena, ma la certezza di essa l’unico deterrente”. Alessandro Manzoni (1785 – 1873). Nei I promessi Sposi c’è tutto: la violenza, la corruzione, gli imbroglioni, i “creatori di paure”, la “legittima” difesa, che solo i signori si potevano permettere. Vi ricordate i “bravi”? E c’è una massima: “Il buon senso c’era ma se ne stava nascosto per paura del senso comune”. Anche oggi è così, c’è solo il senso comune, quello di persone che vedono ovunque pericoli, minacce, nemici e che auspicano la chiusura di città, periferie, porti, case. Il buon senso è altra cosa.

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