L’Europa nascosta, vissuta, sognata. Un filo infinito che ti accompagna ovunque.

CULTURA

Incontri a Londra un giovane musicista greco, e ti parla dell’Europa. Ti trovi in Africa come cooperante in percorsi di pace, e pensi all’Europa.

In Turchia, in Medio Oriente… ti fermano delle ragazze e ti confidano che sognano l’Europa. La trovi lontano, nelle periferie, ti accompagna ovunque. In Italia e in Europa non ci si dimentica di Giulio Regeni. O di Vittorio Arrigoni (il suo richiamo a “restiamo umani” trova echi profondi). O di Antonio Megalizzi, il giornalista che non riesce a immaginare un’Italia senza l’Europa.

Gli intellettuali hanno sempre comunicato tra loro: Copernico e Keplero, Erasmo e Bruno, Galilei e Newton… vedevano il nuovo e lo dicevano all’Europa. E quando qualcuno era perseguitato in un Paese trovava ospitalità in un altro. Manfredonia è stata fondata da un re tedesco (e porta il marchio delle città sveve). Alla corte di Federico II si parlavano tre lingue (arabo, latino, ebraico). Fino al 1500 le donne di questo territorio ricevevano i doni di nozze nel linguaggio e nelle forme stabilite nel diritto longobardo. Il frate Michelangelo Manicone (1745-1810) di Vico studiò a Vienna, Berlino, Bruxelles. Ci sorprendiamo ancora se in un film dello svedese Bergman si parla di giovani che in autostop vengono in Italia pieni di entusiasmo. O del polacco Kieslowski che cerca le radici dell’Europa e gira tre film sui tre colori della Rivoluzione francese, e progettava, prima di morire, di girare un film sulla Divina Commedia.

In Europa non c’è guerra da Settanta anni!”; ci sono quelli che sorridono, tanto si è sicuri che non ce ne saranno più. Bisognerebbe, però, ricordare le guerre terribili, le dittature del passato, i conflitti etnici balcanici di una ventina di anni fa. Bisognerebbe spiegare sempre ai bambini cos’è la guerra e si può farlo con le testimonianze di coloro che nella guerra ci sono stati o ci vivono. E’ utile vedere il film Insyriated, per poi interrogarsi perché tante famiglie decidono di partire.

In Europa ci sono disuguaglianze, ricchezze enormi e povertà estrema, periferie squallide e spaventose… però ci si arrabbia, si parla e si discute, ci si batte perché ci sia meno miseria… In Europa non vedi deserti, ma molto di quello che si scorge intorno è costruito dall’uomo. L’acqua è bene comune, come i fiumi, le coste, i caffè, i parchi.

Sono patrimonio comune le chiese antiche e recenti (e ora anche le moschee). I pellegrini, fin dai tempi remoti e per sentieri antichi, dalle città d’Europa giungevano al Monte Gargano, e trovavano ospitalità nei monasteri. A Norcia Paolo Rumiz vede una statua al centro della piazza, un uomo con la lunga barba e una larga tunica. Era intatta in mezzo alla distruzione, e portava la scritta: “San Benedetto, patrono d’Europa“. Significava che l’Europa andava in malora? Una grandiosa idea naufragata? Ma la statua poteva inviare un altro messaggio. Opposto. “Ricordava forse che alla caduta dell’Impero romano era stato proprio il monachesimo benedettino a salvare l’Europa. Ci diceva che i semi della ricostruzione erano stati piantati nel peggior momento possibile per il nostro mondo, in un Occidente segnato da violenza, immigrazioni di massa, guerre, anarchia…” Potrebbe essere possibile un nuovo inizio? L’esempio di Benedetto potrebbe anche oggi darci indicazioni per uscire dalle macerie? E Rumiz parte per un lungo viaggio nelle abbazie benedettine europee. Incontra abati, monaci e monache, è curioso delle loro esistenze, del loro stile di vita, della loro capacità creativa. Nessuno più dei benedettini ha influito sulla trasformazione del paesaggio europeo. Ovunque in Europa la terra rifiorisce con loro: nuove coltivazioni, vigneti, uliveti, canali, argini. “Il filo infinito” è il titolo del libro. Appartengono alla Regola benedettina le parole che hanno fatto l’Europa: Ora et labora, ospitalità, ascolto, coraggio, meditazione, perdono, rispetto…

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