“L’ascensore è fermo, il lavoro te lo inventi”. Questo dice l’élite.

SOCIALE

Il popolo e l’élite vivono una relazione malata e rovinata. Due mondi diversi, separati, ostili.

“Io ho fatto studiare mia nipote. E’ stata con noi nonni fin dall’ultimo anno delle superiori quando la sua famiglia si è trasferita al Nord. Lei doveva prendersi il diploma e poi… è rimasta anche dopo. Ha frequentato l’Università a Foggia, si è laureata. L’abbiamo mantenuta agli studi. Sono due anni e non trova niente. Pensavo che potesse fermarsi qui, anche lei sarebbe contenta di rimanere a Manfredonia. Mi sono rivolto a… non speravo niente, solo incoraggiamento, comprensione e non sentire quelle parole… Io l’ho fatta studiare, e non perché dovesse restare e aiutare noi… Certo, siamo anziani, io e mia moglie…” Così un vecchio signore si lamenta e forse vede i suoi progetti sfumare. Ma sono soprattutto quelle parole a pesargli: “Egoista. Tu pensi solo a te stesso”.

Una ragazza racconta che si è laureata con molti sacrifici. Lei viene da una famiglia modesta, padre bracciante e la madre arrotonda con servizi domestici. “Sono la grande, ho altri tre fratelli piccoli. Siamo una famiglia estesa. Alla laurea c’erano tutti. E tutti erano orgogliosi, l’unica laureata in famiglia. Sto chiedendo in giro, a cooperative socio educative… insegnare agli immigrati, Ma i posti sono pieni… Ora faccio da badante a mia nonna!”.

Questi discorsi si muovono sotterranei, si confessano sottovoce, quasi ci si vergogna. Parlano di questioni intime, personali, avvertite in modo vivo e carnale. A livello ufficiale si danno risposte formali e generiche. Risposte dettate da “due modi di sentire e due mondi incommensurabili, poiché elite e moltitudini si trovano a vivere in un differente orizzonte di possibilità di azione, in una differente esperienza dello spazio e del tempo e della vita umana” (Costa, Elites e populismo)). Elite e persone del popolo sono situati in mondi diversi. Parliamo di élite che si trovano pure qui, e non solo a Roma o a Bruxelles. Elite che non hanno con la comunità un rapporto di conoscenza ravvicinata, vera, di sincerità; i volti concreti sono solo quelli del gruppo o clan, il resto sono solo elettori (meglio elettorato) o pacchetti di tessere. Le “moltitudini” eseguono lavori precari o routinari, sono legate a persone vicine e hanno una differente esperienza di ciò che si chiama globalizzazione, immigrazione… che non vengono vissute allo stesso modo. L’immigrato non è una minaccia per un membro dell’élite in quanto vive al di sopra, mentre per il precario, il disoccupato del Sud anche un solo immigrato è una minaccia.

Due mondi che si manifestano in particolare quando si parla di giovani. A un giovane del Sud si dice: “il lavoro te lo devi creare”. E diviene uno slogan che tutti ripetono. L’esperienza normale, invece, è caratterizzata da barriere di accesso. Una sensazione derivante non dagli scandali nazionali, ma dall’avvertire un clima avvolgente e penetrante di clientele, raccomandazioni… Non isolati fenomeni di malcostume, ma consuetudini di tutto il Sud, dell’intero Paese. I giovani sono convinti che a rendere possibile l’ascesa sociale non sono gli studi, le competenze, ma altro. E il lavoro (quelli che sono rimasti) se lo cercano pure: ho visto diplomati che puliscono portoni, altri si alzano la mattina alle quattro per andare a vendere il pesce nei paesi del subappennino daunio. E c’è chi cerca di inventarsi qualcosa nel campo dell’innovazione.

Da qui deriva il diverso atteggiamento verso la politica. Un membro della élite o un notabile provinciale vede la politica come occasione per emergere, ascesa sociale, potere, visibilità. Chi è senza potere sa che non tocca a lui. Non vi è disinteresse, semplicemente non può essere praticata. Non ha i mezzi per una campagna elettorale modesta, e poi la politica, già di per sé piena di segreti e ambiguità, è stata caricata dai protagonisti dell’ultima stagione di tossicità e veleni. Per questo (spero tanto di sbagliarmi) giovani con meriti e competenze non ne vedremo in giro nei prossimi tempi a Manfredonia e nel Sud.

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