Il “vaffa” di Grillo agli anziani e il voto ai sedicenni. E perché non a sei anni?

CULTURA

E’ l’idea di David Runciman e non è una provocazione. Se vogliamo tener fede al principio “una testa un voto”.

Ho incontrato, presso amici, una bambina che alle città che conosceva dava un voto, da uno a dieci. Era stata educata dal padre a giudicare ogni città sulla base di alcuni parametri essenziali: esistenza di giardini e parchi, strade pulite e sicure, segnali chiari e rispettosi dei pedoni… E il voto che attribuiva era serio, preciso. In un progetto di lettura di questi giorni a Manfredonia c’è un bel decalogo che mette insieme libri e natura. “E’ straordinario come i bambini vogliono parlare dell’ambiente! Della plastica soprattutto. Usano espressioni vivaci e sono anche ben informati”, dice una delle promotrici.

Il movimento degli studenti ha scosso il mondo politico e qualcuno propone il voto ai sedicenni. Tutte le forze politiche sono d’accordo. Mi aspettavo un notevole consenso tra la gente comune, e invece il contrario. Anche molti ragazzi intervistati non sono d’accordo, dicono che manca la formazione, la maturità. Si suggerisce di ampliare le ore di educazione civica… Per fortuna nessuno ha proposto quella forma paternalistica e caricaturale che è il consiglio comunale dei ragazzi! Il discorso sulla maturità è stato utilizzato spesso nel passato, per gli analfabeti, per le donne, che in Svizzera votano solo dal 1971. Francesco De Sanctis (deputato dal 1865 al 1874, eletto nel collegio di S. Severo) ebbe a dire in un discorso in Parlamento: “La libertà suppone un complesso d’idee, di costumi e di abitudini che non sopraggiunge d’un tratto, ma per lento svolgimento della vita sociale. Non vogliate, però, tirarne per conseguenza la teoria dei popoli maturi o non maturi… Un popolo è sempre maturo a vivere libero. La libertà si impara con la libertà”.

Non facciamo votare i ragazzi e conserviamo il voto per migliaia di persone con l’Alzhaimer e altre forme di demenza senile! L’invecchiamento della popolazione è uno dei grandi problemi della democrazia, in Europa. In Africa è il contrario: è il voto degli anziani che rischia di divenire marginale in paesi dove la percentuale delle persone al di sotto dei 19 anni è il 52 – 54% dell’intera popolazione. In Italia la situazione è allarmante: la popolazione è diminuita nel 2018 di oltre 100.000 unità. Le misure di sostegno alla natalità sono insufficienti e le esigenze quotidiane delle famiglie con i figli piccoli passano in secondo piano rispetto alle liste di attesa o ai ticket sanitari, che interessano gli anziani. Per i politici deve esserci un ritorno elettorale. E gli anziani votano. Come attuare il principio “una testa un voto”, includendo anche i minori? In Italia i residenti al di sotto dei 18 anni sono 9 milioni. Quasi il 20%.

Il Green Paper è una proposta che parla della possibilità di conferire alle persone diritti di partecipazione fin dalla nascita. In sostanza i genitori di ogni bambino potrebbero esercitare il diritto di voto fiduciario fino a quando il figlio non raggiunga la maturità stabilita dalla legge nazionale. Una equipe dell’Istituto universitario europeo di Fiesole ha presentato al Consiglio d’Europa una proposta articolata e sistematica, su un problema fondamentale della democrazia, dal momento che il nostro voto (le nostre scelte) non incidono solo sulla nostra vita ma soprattutto su quelle future.

Con il voto ai genitori sarà interessante vedere cosa accadrà nelle famiglie, nelle scuole… I genitori dovrebbero consultare, ascoltare i figli, informarli… E’ scontato che i dubbi siano tanti… Però, se i genitori con figli piccoli avessero un voto più “pesante” forse potrebbero eleggere rappresentanti più sensibili e responsabili per i diritti delle generazioni future. E il voto agli adolescenti? Grillo, alla sua maniera, ha detto di togliere il voto agli anziani e darlo ai giovanissimi. Paolo VI ha fatto di più: ha escluso dal conclave per l’elezione del futuro Papa i cardinali al di sopra degli 80 anni.

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