Il principe della peste e i salici al vento. Il virus e la democrazia.

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I classici hanno nella scuola italiana un triste destino. Non sono amati. I Promessi Sposi tra questi.

Sono opere di “formazione”: presentano vite, caratteri, sentimenti… con cui misurarsi, confrontarsi, invece sono utilizzate per esercizi noiosi, linguistici e grammaticali. Mi ha sorpreso, perciò, incontrare persone che mostravano meraviglia per il racconto sulla peste del Manzoni o curiosità per il Decamerone di Boccaccio. Autori ignorati da coloro che informano dai luoghi del contagio. Se fossero conosciuti gli interventi e i collegamenti sarebbero forse meno prevedibili e scontati.

Nella grande sala del Popolo, che si affaccia su Piazza Tienanmen a Pechino, il presidente Xi incontra il direttore generale dell’OMS. “L’epidemia è un diavolo e non possiamo permettere che il diavolo si nasconda”. Era il 28 gennaio. Il leader cinese alimenta le paure, paragonando il contagio a uno spirito maligno incontrollabile, invisibile? Così è stato interpretato dai commentatori: la potenza del virus e lo scoramento del premier.

In verità, scrive in questi giorni Laura Spinney (New Statesman – Internazionale), era il contrario. In Cina è normale paragonare le epidemie a demoni invisibili. Xi parla ed evoca l’eroico medico Wu, che contrastò l’epidemia del 1910 con misure estreme per quei tempi: la quarantena e la cremazione dei corpi. Ed anche Mao Zedong, che nel 1958 scrive la poesia “Addio dio della peste“, molto popolare in Cina. Descrive un paesaggio devastato: “mille villaggi invasi d’erba, scomparsi gli uomini, 10.000 case desolate, canti spettrali…” ma poi risorge la primavera: “salici al vento, rami innumerevoli, 600 milioni di cinesi… volteggiano petali, azzurre montagne…” Il principe della peste costretto a fuggire. Xi Jinping ha parlato al suo popolo e ha ricordato la potenza del regime, la sua capacità di affrontare autonomamente la crisi.

Coloro che informano non leggono e non spiegano. Dopo l’infelice intervento di Luca Zaia sui cinesi che mangiano topi vivi, nessuno ha cercato di informare da dove veniva quella frase. Gli animali sono venduti vivi nei mercati delle grandi città. Dopo la Sars è stato posto un freno a tale tradizione, ma questo ha provocato un’impennata del mercato nero. Un commercio che dà sostegno a oltre 400 milioni di contadini poveri. Vi è il ritorno, in Africa e Asia, delle malattie infettive di origine animale. Un fenomeno dovuto all’aumento della popolazione. Ma tutto il mondo è vulnerabile. Per questo si rende necessaria una OMS più efficiente e pronta nelle emergenze, indipendente e globale.

Gli storici sottolineano che la democrazia è un impaccio durante le epidemie, quando servono misure rapide e incisive. La Cina sembra dimostrarlo. E in Italia? Ci sono molte voci e le norme sono spesso contraddittorie e confuse. Ma la democrazia permette una vasta area di consapevolezza e responsabilità, per cambiare abitudini ed evitare assembramenti e luoghi affollati. E lo “struscio”? Croce e delizia delle città del Sud? Si concentrano nel corso principale migliaia di persone, come una processione. Ci vogliono risposte pubbliche (creare isole pedonali, attrezzare piazze e viali) e soprattutto personali per trovare e immaginare vie alternative.

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