La leggendaria scuola medica salernitana e la medicina in epoca sveva e oltre.

CULTURA

Tre erano le lingue ufficiali nelle corti del Sud (normanna e poi sveva): latina, greca, araba. In una miniatura di un libro di Pietro da Eboli si mostrano tre categorie di notai reali: latini senza barba, i Greci con lunghe barbe, i musulmani con barbe corte e turbante.

La scuola di Salerno era nota in tutta l’Europa e costituì uno straordinario laboratorio di mediazione culturale, una sintesi originale di saperi medici arabi, latini, greci, ed anche ebraici e bizantini. Una origine che si perde tra storia e leggenda, e che parla anche di una donna, una certa Trotula: sotto il suo nome ci è giunto un corpus interessante di opere mediche. La scuola ebbe risonanza grazie alle figure del vescovo Alfano e di Costantino l’africano, che resero disponibili nel mondo latino, con una intensa attività di traduzione, testi fondamentali di medicina scritti in greco (tradizione ippocratica e galenica), in arabo ed ebraico.

La scuola salernitana trovò risonanza nella legislazione di Federico II, che nelle Costituzioni emanate a Melfi nel 1232 riconobbe il ruolo primario della medicina salernitana. Prescrisse infatti che nessuno potesse praticare la medicina senza aver superato un esame pubblico davanti ai maestri di Salerno. Anche i medicamenti dovevano essere autorizzati dai maestri chimici della scuola di Salerno e preparate da persone appositamente abilitate. L’abilitazione all’esercizio veniva concessa dopo che gli aspiranti avevano dimostrato, davanti al re o ai suoi delegati, di essere in grado di esercitare la professione di chirurgo o di medico. L’abilitazione era estesa a tutto il regno o in una determinata provincia, oppure riguardare determinate specialità. Adamo di Marsiglia venne nel regno con licenza di praticare l’estrazione dei calcoli e la cura dei mali vescicali (in curis extractionis lapidum et crepature per incisionem); la licenza riguardava solo queste due specialità. Le donne erano abilitate all’esercizio della professione sanitaria, con la motivazione che erano adatte a curare le malattie femminili. Il controllo era severo, in precedenza già con Ruggero II vi era la condanna alla confisca dei beni nei confronti di medici inesperti o abusivi.

Tra il secolo XIII e XIV si respirava un’aria di vivacità scientifica notevole: perfezionamento di bussole e carte nautiche, studi su magnetismo e ottica… Nel 1267 Teodorico vescovo di Bitondo si diceva meravigliato che ogni giorno si inventavano per merito dell’ingegno dei medici, strumenti nuovi e nuove forme di cura. A Manfredonia a metà Trecento si parla di un Rogerius medicinalis scientiae professor e di Antonius Pandens cirurgicus. Sono noti due medici pugliesi che prestarono la loro opera a Ragusa (Dubrovnik) nella seconda metà del XIV secolo: il chirurgo Michele e il fisico Cristofaro. Il primo esercitava l’attività chirurgica e in un documento (contratto) del 1365 si dice che doveva operare un certo Radan Dobrovic e liberarlo del calcolo urinario. La somma pattuita veniva versata per metà anticipatamente e per l’altra metà solo se l’intervento fosse riuscito.  Altro nome illustre è il magister Cristofaro. Numerose le testimonianze sulle sue competenze e la fiducia di cui godeva nella comunità ragusana.

Presso gli eserciti operavano chirurghi e medici. Curavano ferite di lancia, spada, frecce, pietre. Se il ferro non si poteva estrarre veniva lasciato nelle carni e molti vissero così per il resto della vita. Per le ferite si usava olio, lana, pezze bianche, buona dieta. L’opera del medico era più efficace nelle fratture..

Le febbri erano curate con digiuni e lassativi: nove giorni senza pane, vino, carne, zucchero. Di fronte ai mali oscuri, inspiegabili (epidemie), per i quali la medicina dottorale galenica brancolava nel buio, valevano i rimedi popolari. La malaria, il catarro, i reumatismi si curavano con tamerici, marrugia, ortica, foglie d’olivo…. Per calmare il dolore e per i bambini la bollitura dei papaveri. Papagne in dialetto sta per papavero e sonnolenza. E fece non pochi danni ai bambini.

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