”Dagli agli untori”. A Milano la ricerca spietata dei colpevoli. Una “storia infame” che continua.

CULTURA

Per i morbi infettivi e letali si è sempre cercato di addossare la colpa a un nemico. E la storia si ripete.

Sul coronavirus, la comunità scientifica si è espressa. Il virus mostra una chiara origine animale. Come molte epidemie passate e altre che potrebbero seguire. Fin dall’antichità si sono date spiegazioni semplici a fenomeni complessi. Nell’Iliade si chiama in causa l’ira di Apollo, il cui sacerdote era stato offeso dal capo dei Greci, Agamennone. Omero dice che i primi a cadere sono muli e cani e descrive chiaramente una zoonosi, e cioè il passaggio della malattia dall’animale all’uomo. Nella peste di Atene i nemici Spartani sono accusati di aver avvelenato i pozzi. Il termine “untore” si diffuse dal ‘400 in poi, ed così chiamato chi diffonde la peste spargendo unguenti venefici in luoghi pubblici. Con la peste nera del 1348, in Europa, dove rimane endemica per oltre tre secoli, sono molti gli eccidi in massa di ebrei (ed anche di streghe e lebbrosi).

A Milano, gli untori sono scoperti e processati. Guglielmo Piazza e Giangiacomo Mora. “Condannati al taglio della mano, ad essere squarciati a brani con tenaglie roventi, rotti sulla ruota e sgozzati dopo sei ore di agonia”. Dopo aver demolito la casa di uno dei due, i giudici decretano che su quello spazio si innalzi una colonna per ricordare l’infamia di quella colpa. Invece quella colonna bolla l’infamia di un processo crudele, scrive il Manzoni nella “Storia della colonna infame”.

Il Tribunale della Sanità emanò provvedimenti per circoscriverla, ma molti negavano la peste e parlavano di malefizi, unguenti, untori. In Duomo, il 17 maggio 1630 alcuni videro panche sporche e lungo le mura strisce giallastre… Tutti i forestieri erano sospettati, e andava già bene se venivano portati nel carcere, dove vi erano ancora menti “capaci di dubitare, esaminare, intendere”.

Al processo si raccontano strani episodi. Un vecchio dopo avere pregato in ginocchio, volle mettersi a sedere e con la cappa pulì la panca. “Quel vecchio unge la panca” gridarono alcune donne. E’ spinto fuori a calci e pugni. “Io lo vidi mentre lo trascinavano così – scrive Ripamonti uno storico dell’epoca, – e credo che non abbia potuto sopravvivere”. Ma c’è un racconto che fece il giro d’Europa. Nei pressi del Duomo si ferma una carrozza con sei cavalli, dentro un signore dalla faccia fosca, occhi accesi, il cocchiere invita un cittadino a salire, gli offrono molti denari, ma anche un unguento… Su questa vicenda si pubblica in Germania una novella. L’arcivescovo di Magonza scrive al cardinale Federico per conoscerne la veridicità. L’opinione pubblica era tale che tutti erano coinvolti, anche le menti più nobili, come il cardinale Federico e i medici che sapevano come si sviluppava la peste. Il Muratori scrive che c’era “gente savia” a Milano, “che pensava non fosse vera quella storia degli unti velenosi”. Ma nessuno aveva il coraggio di parlare.

La storia continua con la sifilide venuta dalle americhe. “Mal francese” , “mal napoletano”, “mal spagnolo”… Si associa ai mali infettivi l’odio per un nemico. Così i gay per l’Aids, in Guinea, nel 2014, furono trucidati i medici stessi che lavoravano per contenere l’Ebola. Gli italiani all’estero sono stati additati come untori. Si è colpevolizzata l’Italia incapace di gestire il coronavirus…

Si dovrebbe ragionare su quanto accaduto, invece, con i morti e la pandemia ancora minacciosa, si progettano imponenti piani di riarmo, anche nucleare. “Non so se il riso o la pietà prevale”, dice Leopardi.

Il periodo del corona virus (non concluso) potrebbe essere l’occasione per valutare i gruppi dirigenti che governano i vari paesi? Non è questo il momento per richiedere alle tante élite della politica (e anche dell’economia, dei media… ) nuove competenze, intelligenza, responsabilità sociale ed etica? Il Covid ha mostrato la nostra impreparazione, le contraddizioni, le nostre debolezze, le paure. Queste insufficienze possono essere curate con lo studio, la scienza, la giusta informazione?

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