Salvini, Pd, Berlinguer. Austerità, la bella parola che nessuno ha il coraggio di pronunciare

CULTURA

Salvini dice che è lui l’erede di Berlinguer: gli operai votano lega, che sentono vicina perché “protegge” il territorio, le comunità… e su questo non può essere smentito. Il Pd e la sinistra non rispondono, mostrano solo irritazione per il leader leghista.

Berlinguer  ha vissuto un decennio terribile (colpi di Stato, terrorismo, il peso del socialismo reale non più proponibile…), ha avviato nuove proposte di alleanze (compromesso storico, governo di solidarietà nazionale… ), che finiscono nelle sabbie mobili. Si parla di Berlinguer e si pensa solo alla questione morale, a una icona di integrità e intransigenza. Ma c’è una nuova idea della politica, una visione di futuro. Che oggi non fa comodo a nessuno rispolverare.

15 – 30 gennaio 1977, a Roma, Berlinguer parla agli intellettuali e agli operai comunisti. Il tema: “Austerità un’occasione per trasformare l’Italia”. Un’analisi ampia e un nuovo modello di società. Austerità significa “rigore, efficienza, serietà, giustizia” ed è la premessa per superare “ingiustizie, disuguaglianze, particolarismi, individualismi”. Insomma un’esigenza dalla quale non si può prescindere, in un mondo, che vede l’avanzata dei popoli del terzo mondo e la competizione senza esclusione di colpi tra i paesi più forti e potenti. Per lui non è vero che cambiare certe abitudini con altre “meno sperperatrici” conduca a un peggioramento della qualità della vita. “Una società più austera può essere più giusta, meno diseguale, realmente più libera, più democratica, più umana”. Un nuovo sviluppo basato non prevalentemente sui consumi individuali ma sui beni comuni, scuola, sanità, cura del patrimonio e dell”ambiente. Questioni che, nonostante fossero riprese in continuazione dal segretario comunista (interviste, articoli, relazione al XV congresso del 1979). non “sfondano” nel dibattito politico e non entrano nelle fabbriche, né nelle sezioni.

L’austerità non si limita a “una migliore giustizia distributiva”, è la proposta di una società che rifiuta “la crescita delle pratiche assistenziali“, esprime condanna morale della corruzione e dei privilegi, è la base per costruire il futuro delle nuove generazioni. Berlinguer entra nel merito del bilancio pubblico e dell’evasione fiscale… Dice che “non può esistere il gratuito per tutti”, e che “qualcuno deve pagare”. Afferma che l’iniziativa individuale è insostituibile, così come l’impresa privata. Berlinguer ha compreso i nodi cruciali del nostro tempo: l’ambiente e le diseguaglianze.

Nel 1972 esce una ricerca “I limiti dello sviluppo”, curata dal Club di Roma, fondato da  Aurelio Peccei, partigiano e dirigente industriale, che cerca di sensibilizzare i potenti della Terra sulle materie prime non illimitate e sui consumi energetici. E’ possibile un altro stile di vita? La natura ha dei diritti? Si può, per rispettare i livelli di produzione, inquinare fiumi, laghi, aria?

Febbraio 1974, il convegno sui mali di Roma. La capitale si è allargata a dismisura. Le periferie sono sotto il segno di speculazione edilizia, palazzinari, mafie. L’amministrazione sprofonda nei debiti. C’è un prete, piemontese, chiamato dal Papa Paolo VI a dirigere la Caritas a Roma. E’ Luigi Di Liegro. Per la Chiesa, e non solo, un convegno senza precedenti. Si svolge a S. Giovanni in Laterano. Tre giorni di discussione. Assemblea aperta a tutti: religiosi, laici, forze politiche e culturali. 740 interventi. Con anni di anticipo il Convegno registra la crisi e il profondo distacco del partito cattolico dai problemi della città.

Berlinguer, per molti versi legato al passato, ha avuto intuizioni giuste (crisi ambientale e ingiustizie) e il coraggio di parlare con chiarezza. Lancia il primo manifesto ecologico della politica italiana. Ma non ha trovato interlocutori né ieri e né oggi. Sono gli stessi temi di cui si è parlato nei giorni del lockdown, e che sono stati presto dimenticati.

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