400 anni fa il saccheggio di Manfredonia. La città non si risollevò più. Nel futuro i Turchi sono sempre alle porte.

CULTURA

“Nel Mediterraneo la pirateria è vecchia quanto la storia” (Braudel). Pirati bizantini, slavi… saccheggiarono più volte Siponto.

Incursioni piratesche erano praticate da tutte le popolazioni. Di solito si pensa agli arabi, ma tutte le città della costa avevano i loro corsari. C’era la piccola pirateria che rubava sale e grano, e c’era quella che saccheggiava intere città e territori.

L’interesse degli arabi non era tenuto nascosto, aggiornavano le loro mappe e carte geografiche. Nel XVI secolo, Piri Reis descrive con precisione le coste pugliesi.”Puglia significa ‘basso’, infatti sono coste basse, sul tratto che va da Manfredonia sino a Otranto gli unici contrassegni sono i campanili”. Nel XVI e XVII secolo vi è una recrudescenza del fenomeno piratesco. La vittoria di Lepanto (1571) non diede risultati di lungo periodo.

Nell’Italia meridionale si fortificarono le coste. Nel 1500 decine di torri furono erette da Margherita di Savoia al Gargano; oggi restano Torre Pietra, Torre Rivoli ( tra Zapponeta e Manfredonia), Torre S. Felice presso Vieste. Ma queste non garantirono la sicurezza e limitarono i commerci tra le due sponde dell’Adriatico. Città e porti di Puglia non guardarono più al mare come risorsa e opportunità. A Napoli nel 1554 Giulio Cesare Caracciolo denunciò tale sistema difensivo, costoso e inefficiente, e proponeva una potente flotta da contrapporre ai Turchi, attaccarli sul mare e non aspettarli sulla terraferma. Nel 1560 si avanzò al re l’idea della creazione di una base navale a Brindisi e la fortificazione di Manfredonia.

Con il saccheggio di Vieste del 1554, quello di Manfredonia è stato uno dei più cruenti. A Vieste i soccorsi arrivarono mentre la città bruciava, a Manfredonia non arrivarono affatto. Vicerè era dal 1616 don Pedro Guzman, che, entrato in conflitto con la la nobiltà e i veneziani, fu rimosso nel maggio del 1620, tre mesi prima dell’assalto a Manfredonia e questo alimentò i sospetti di accordi segreti con i Turchi. Ci sono varie cronache e tutte concordano sugli aspetti principali: l’assalto iniziò domenica 16 agosto e terminò martedì 18. I Turchi sbarcarono a Chiancamasiello e Fontana del Fico. Chi poté scappò verso la Montagna, lungo la costa, verso Foggia. Fuggirono il governatore spagnolo, don Antonio Perez e il sindaco Pietro Quirico. Si provò a resistere e poi ebbero successo le palle sparate dal “maestoso palazzo” dei Vischi (dove i Turchi portarono l’artiglieria), che superava in altezza il Castello. In seguito si proibì che i palazzi potessero essere più alti del castello

Il saccheggio durò tre giorni. Il castellano, “violentato dalle lacrime… inalberò bianco panno lino”. In due ore tutti uscirono, le donne e specie le monache “si bruttarono il viso per parere loro deformi”. Ma nessuno fece violenza. I Turchi partirono indisturbati. Il vicerè parlò di dignità perduta, fece arrestare il castellano, rinchiuso a Barletta morì prima che la sua causa fosse discussa. Il castello non aveva difese, né gli aiuti potevano arrivare prima. Alcuni giunsero subito dopo il saccheggio, come Giangirolamo di Acquaviva, conte di Conversano, aveva sedici anni. C’è un singolare avvenimento che ha suggestionato la fantasia popolare: il rapimento di una leggiadra fanciulla, che finì sposa del sultano (Ne hanno scritto Cristanziano Serricchio, Matteo Di Turo, la Bottega degli Apocrifi)

Le conseguenza furono nefaste. L’impressione enorme e a Napoli scattò un’operazione di censura. Partiti i Turchi cominciò un lento rientro, con l’Arcivescovo giunsero anche ecclesiastici e laici montanari, che fecero, secondo Spinelli, un secondo saccheggio. La città era “fallita”. Il Duomo fu ricostruito in modo modesto rispetto a quello angioino, e riaperto solo nel 1640. Le relazioni parlano di miseria devastante ed estrema povertà. Nelle difficoltà dell’Università sipontina alcune famiglie si impossessarono di beni demaniali. Quello che fu uno dei porti più importanti del Mediterraneo ebbe un declino inarrestabile. Una decadenza accentuata dall’assenza di vie e di collegamenti terrestri.

E per il futuro? I turchi e i cinesi sono a Manfredonia e a Taranto. “Il Turco alla porta” dice l’ultimo numero di Limes. Conflitti accesi nelle Libie e nelle Sirie sono molto vicini alle isole e all’Italia meridionale. Il Mediterraneo, non è più un mare liberum, ed “è disputato da attori d’ogni taglia. Nastro trasportatore dei traffici d’Italia è sempre più circondato da basi navali in assetto prebellico”. La Turchia punta ora alla conquista del mare, mentre il nostro paese ha abdicato allo spazio di protezione e d’influenza. E del porto industriale di Manfredonia nessuno sa che farsene, l’unica proposta è quella della demolizione dei nastri trasportatori.

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