Non di solo lavoro. Lo sviluppo del Sud è sempre più una questione sociale e culturale.

SOCIALE

Lo sviluppo non è solo questione economica, è costruire una comunità, fare un paese civile, trovare nei luoghi del Sud nuove ragioni per rimanere e vivere.

Per iniziare una cura occorre conoscere il corpo cui è destinata e procurarsi medicine adatte. Non c’è un solo Sud. C’è bisogno di una cura generale, ed anche comprendere, governare, sanare le singole realtà locali: legalità, senso civico, propensioni produttive, relazioni sociali… Territori nei quali si riconoscano comuni interessi tra persone e gruppi residenti; comunità, fatte sì da tante tribù, ma capaci di stabilire ponti, conoscenze, riflessioni condivise. Il Meridione (la Capitanata in particolare) presenta una preoccupante frammentazione sociale, pesa la partenza in questi anni di un’intera generazione. Non si può continuare a pensare che la crescita sociale sia subordinata a quella economica. E’ vero il contrario. Se non c’è una comunità coesa, non c’è amore per le regole e non c’è sviluppo.

La situazione post Covid è incerta, la Brexit è ancora da capire, l’Europa sembra offrire a tutti i suoi cittadini pari opportunità. Ci sono città europee “ambite”, dove per i giovani è possibile ricercare quello che si vuole essere. Eppure mi capita in questo periodo di incontrare giovani che vogliono restare. Studiano a Foggia, Bari, Chieti… Bloccare l’emorragia dei giovani è la priorità, e non significa operare solo sul fronte del lavoro, ma anche nei rapporti sociali. Coloro che restano o tornano non vogliono chiedere, né desiderano sentirsi “calamitati” in una vita da spettatori. Molti giovani vanno via anche per questo, da un provincialismo ristretto, da un’asfissia culturale e politica. La chiara insufficienza delle classi dirigenti non viene corretta (come forse era un tempo) dalla vitalità popolare, dalla ingegnosità e creatività della gente, piuttosto è sorretta dalla rassegnazione e dalla tendenza ad adeguarsi.

Ogni comunità ha bisogno di parole d’ordine che si muovano verso obiettivi e speranze condivise, di un racconto nuovo: apprezzamento della qualità, delle competenze, rispetto per la dignità delle persone, indignazione per coloro che il lavoro non lo meritano (assenteismo, clientelismo, corruzione). Una retorica nuova che potrebbe tirar fuori, specie nei giovani, le leve combattive del carattere e cioè orgoglio, ingegno, critica, gratuità, coraggio, passione… che sono le cose che rendono gli esseri umani cittadini. Carlo Cattaneo indica “nella fantasia, nell’ingegnoso e partecipe volere dell’uomo, un fattore determinante del progresso economico”.

Vi sono estese zone grigie nel Sud, che non aiutano a crescere. Ci sono gruppi, “minoranze etiche” che parlano di diritti e anche di doveri, chiedono il buon governo… Ma non basta. I progetti e le utopie non sono un compito di intellettuali. Sono necessari gruppi seri e coscienti, persone di buona volontà… ma che entrino nel discorso pubblico, aggreghino la pubblica opinione, facciano proposte chiare, coltivino una immaginazione aperta al futuro. Abbiano coraggio. Ecco perché la scelta del PD, a Manfredonia (e altrove), di non presentarsi con il proprio simbolo è vile e non responsabile. Il proliferare di un generico civismo non ha fatto bene nel recente passato alla democrazia e allo sviluppo.

Le analisi e le statistiche ci dicono la difficile situazione nel Mezzogiorno. Eppure nel Sud si può scommettere per tante ragioni, ma le città del Sud devono cambiare, mostrare capacità di innovazione: ampliare e riorganizzare i servizi pubblici, la qualità della formazione e dell’istruzione, trovare una via originale per rendere creativo e vivace il contesto e superare i due scompensi più gravi: la carenza di partecipazione e la scarsa propensione imprenditoriale.

E’ centrale la questione del lavoro, quello stabile e sicuro. Nel Sud aumentano ancora i Neet (Not in Education, Employment or Training – giovani che non studiano e non lavorano), dice Svimez e ripete Michele Bordo, responsabile Pd per Mezzogiorno e Coesione, che esalta l’impegno del suo partito nell’assunzione del 30% di giovani e donne. Ma quale lavoro senza formazione e nuovi percorsi professionali?

 

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