George Orwell e Giorgia Meloni. La questione della libertà. E l’elogio del rospo.

CULTURA

Green pass “per partecipare alla vita sociale è raggelante, ultimo passo verso la realizzazione di una società orwelliana. Una follia anticostituzionale… La libertà individuale è sacra e inviolabile”. Il tweet della Meloni.  

Un tweet “immediato e spontaneo” che sembra mostrare simpatie per Orwell (1903 – 1950). Combattente in Spagna, ha vissuto l’avvento dei totalitarismi, la guerra, ci ha descritto “l’indecenza del potere”. Eppure anche quando la storia è “raggelante” ed è forte “l’orrore della politica”, la vita è “sempre degna di essere vissuta”. Come scrive in uno straordinario, bellissimo apologo: “Elogio del rospo” (1946). Mentre intorno ci sono macerie, le bombe atomiche si ammassano, le menzogne piovono dagli altoparlanti… alberi, pesci, farfalle, rospi si risvegliano… la primavera ritorna… né dittatori e nemmeno qualche duce sono in grado di impedirlo… E’ un peccato, è politicamente riprovevole, mentre tutti soffriamo, partecipare a questo sentimento di ritorno alla vita?

Negli stessi giorni del tweet, il manifesto sovranista sull’Europa. “La turbolenta storia dell’Europa ha prodotto sventure. Così inizia, e la salvezza è nella nazione. Si parla solo di libertà delle nazioni e non dei cittadini, del totalitarismo sovietico e non degli altri. Orwell non è solo l’autore di “1984” e “La fattoria degli animali”, è uno dei grandi “scrittori politici” del Novecento. Sul nazionalismo (da non confondere con patriottismo) dice, nel 1945, che è inseparabile dal desiderio di potere. “Ogni nazionalista è capace della più atroce disonestà ed è anche incrollabilmente certo di essere nel giusto”. Nel 1947, nell’articolo “Verso l’unità europea”, lui, britannico, scrive che “solo nei paesi europei si può costruire un nuovo Stato sulla base della libertà, uguaglianza, internazionalismo”.

Le reazioni al green pass: la libertà di non ricevere il vaccino, di non esibire umilmente un certificato che indichi la propria immunità. Il dilemma di circoscrivere la propria libertà, che termina quando inizia quella degli altri; un dilemma antico, ma sempre lacerante. La questione di cui più si discute da sempre, a scuola, tra gli amici, nelle famiglie, nel lockdwon. Condividere gli spazi, negoziare i tempi, tolleranza…

Ho visto ieri un film poliziesco in bianco e nero. La sigaretta riempiva ogni spazio di silenzio. La sigaretta e il bicchiere di whisky commentavano ogni scena. Ho riletto un documento di medici di base di S. Giovanni Rotondo per la giornata contro il fumo del 31 Maggio 2020 (poi non si è tenuta). I video girati, gli incontri con i ragazzi sono di grande interesse. Si prova a costruire un ponte tra sanità e scuola e adolescenti. Non solo conoscenze neurobiologiche e tossicologiche, ma scoperta dei segreti del corpo, cognizione dei guasti della dipendenza. Ed anche il rapporto tra Covid e il fumo, che già riduce le capacità respiratorie. Non un vizio ma una malattia da curare. Oggi non si può fumare nei luoghi pubblici, a scuola, davanti ai bambini… Non è stato semplice. Quante polemiche, quanti rifiuti e appelli alla libertà! Ora le conoscenze ci dicono che il fumo è attivo, passivo e di terza mano. Molti fumano sui balconi… Ma non basta. Ormai è chiaro il nesso tra bambini oncologici e fumo, quello che impregna tappeti, poltrone, vestiti, lenzuola… Si sono aperti veri drammi familiari, separazioni. Ci sono “verità” che i medici non dicono per non creare baratri di sensi di colpa! Si tratta di trovare un equilibrio tra chi fuma e chi no? Il fumo fa male eppure non è contagioso, i suoi danni si vedono negli anni. Ci si può affidare solo alla responsabilità?

In un paese vicino un amico è morto di Covid. Tutta la famiglia contagiata. A portare il virus una nipotina frequentante l’asilo. In molte famiglie si aprono drammi e sensi di colpa. Il virus si sa che c’è, si sa come si diffonde, le comunità, però, spesso non conoscono le cause di maggiore contagio, quanti sono i morti… Dobbiamo, forse, per la resistenza di alcuni a non esibire la propria condizione sanitaria, “costringere” gli altri, quelli che hanno paura, a stare a casa?

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