Come tornare in classe e “fare scuola” dopo e con la Pandemia? Ma di questo poco si parla.

SOCIALE

E’ passato il tempo (primo lockdwn) quando si diceva che tutto sarebbe cambiato. Che quelle privazioni sarebbero state utili. Poi, tra aperture, chiusure, negazioni, polemiche, il paesaggio è man mano divenuto fosco e incerto.

Quanto avvenuto non può non lasciare tracce e non richiedere mutamenti profondi nel “fare scuola” quotidiano. Si è passati da una considerazione positiva della Dad a una bocciatura senza attenuanti. Si è rivalutata la presenza, con tante riscoperte. Degne da libro “Cuore“. Il compagno di banco, gli scambi quotidiani, i suggerimenti, le complicità…

Di certo i ragazzi già svantaggiati ne hanno risentito di più. Si è avvertita l’assenza dei genitori meno istruiti, ma ancor più hanno contato le case strette, la serenità familiare mancante, i conflitti e le povertà. Quelle nascoste con redditi precari che svanivano. Così l’importanza della mensa. Molti bambini hanno mangiato in modo più irregolare e meno salutare.

Le famiglie sono divenute più esigenti. I docenti più disponibili e dialoganti… “non ho mai parlato con i genitori come in questo periodo, sono venuta a sapere cose che non immaginavo”. La chiusura delle scuole ha accresciuto la consapevolezza delle disuguaglianze. L’apprendimento dipende dalle condizioni familiari e sociali, e lo svantaggio fuori della scuola ha influito sulla capacità dei bambini di trarre vantaggio da ciò che succede dentro la scuola. Il grande tema è come intervenire immediatamente per affrontare i ritardi, le difficoltà di apprendimento. Adattare la scuola alle singole esigenze per colmare le lacune. “Se impartiamo lo stesso tipo di istruzione a tutti, non ci dobbiamo sorprendere dei risultati diseguali!” – sostiene un’insegnante. Occorre allontanarsi da modelli organizzativi “industriali” (lezioni simili per un periodo simile) e spostarsi verso un modello “sanitario”, personalizzare la cura e l’assistenza. Ma come?

L’esperienza del Covid potrebbe incoraggiare chi sostiene che le scuole devono sviluppare le capacità degli alunni ad affrontare le emergenze, le novità. Gli alunni dovrebbero essere aiutati a imparare, a essere gradualmente autonomi… e non essere imboccati e seguiti passo passo. “So che è complicato, ma gli obiettivi rigidi e prefissati non aiutano la crescita individuale“, dice un insegnante.

Ci sono esperienze che rifiutano il sistema tradizionale, con il quale gli studenti passano alla classe successiva ogni anno, pur con lacune in alcune materie. Gli esami di riparazione non aiutano, e i docenti affermano immancabilmente, all’inizio del nuovo anno, che non c’è stato alcun recupero. Ci sono sistemi flessibili che mirano ad aiutare “in tempo reale” chi è più lento ed è bloccato su alcuni argomenti, e ha bisogno di più tempo. Una volta superato ciò che produceva il rallentamento, poi procede più celermente. Oggi dopo la pandemia vi è maggiore consapevolezza che è difficile insegnare le stesse cose all’intera classe e che non tutti gli alunni traggono vantaggio da un metodo di insegnamento uniforme. Un recupero tempestivo è alla base di una scuola migliore. Una modalità sperimentata al Liceo scientifico di Manfredonia anni fa con risultati abbastanza positivi. “Insomma sarebbe utile un tutoraggio fin dall’inizio dell’anno, soprattutto in alcune discipline“.

Il tema importante della scuola e della società è la povertà culturale. La promozione amministrativa è ingannevole, occorre interrogarsi su cosa lo studente ha appreso e sa fare. Molti ragazzi prendono il diploma di licenza media o anche la maturità senza avere raggiunto una soglia accettabile di competenze. Le buone relazioni a scuola sono alla base della buona istruzione. Come si fa con 30 alunni per classe? Ci sono docenti con un’ora alla settimana che dopo mesi nemmeno sanno i nomi! Che ne è della ricerca di nuove aule? Necessarie per evitare i contatti, ma anche per esigenze didattiche. E il volontariato e il servizio educativo domiciliare? Ritessere il tessuto sociale, dice Cesare Moreno responsabile dei “Maestri di strada” a Napoli. E l’ascensore sociale? La scuola può ancora cambiare copione di vita per ragazzi bravi, anche se cresciuti in contesti deprivati. Ma se i ragazzi hanno interiorizzato che non ce la faranno… e questo viene ripetuto dai genitori e da docenti, allora si convincono che la scuola non serve, è nemica, peggiora la loro vita, fa perdere tempo.

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