Protagonista è ancora la pandemia. E noi? “Comparse” pazienti, prudenti… e intelligenti.

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Crescono i contagi. Foggia si avvia ad avere il primato in Puglia. Non come l’inverno scorso. Allora ce ne accorgemmo dai manifesti funebri, dai morti… Oggi dai talk show e dai giovani che trovano difficoltà a rientrare dal Regno Unito… ma pochi sono in ospedale e pochi i morti.

Il coordinatore dell’emergenza sanitaria, Vitangelo Dattoli, ha detto nello scorso settembre, che Foggia è stata “tra le tre province centro meridionali più colpite”. Fino ad oggi nessuno ha spiegato che cosa è successo, né il numero dei contagiati, né i morti.

Ci sono i no vax, e ci sono tanti con molti dubbi, che però si vaccinano. Una commerciante ha preso un anno fa il Covid, il marito pure e in modo più grave. Ora va avanti con tamponi frequenti. “Non sono contro la scienza… Ma ho paura. Ci hanno detto tante cose diverse… Ho paura”, ripete spaventata. Una maestra in pensione, coerentemente no vax: “Molti anziani si vaccinano perché sono costretti dai figli… Sono ricattati. I provvedimenti del governo dividono le famiglie. Dall’epoca delle lotte contro l’Enichem non credo nella scienza… se prendo il virus mi curerò con prodotti omeopatici. Il vaccino è un imbroglio”. Impiegata in un’agenzia di assicurazione: “Lo scorso anno ci siamo incontrati con amici a Ippocampo nelle feste natalizie, non sono stata bene… Mai più un’esperienza del genere. Alcuni hanno preso il virus… Ho due figli e ho avuto paura, nessuno ci ha aiutato a capire, allora. I medici latitanti…”. In fila in una banca, una signora con mascherina, si scaglia contro il green pass. “Questa è dittatura sanitaria. Già nel lockdown chiusi come in un lager… ” Una voce dal gruppo: “Signora ma lei sa cos’è un lager?

Che la comunicazione sia stata difettosa lo dicono parecchi. Anche qualche no vax sembra quasi giustificare il suo scetticismo attribuendo la causa agli scienziati e immunologi che dicevano cose diverse, e ad “esperti” che con il ritorno alla normalità dovranno abbandonare gli studi televisivi e saranno dimenticati.

Sono riapparsi libri sulle epidemie del passato. Guardare indietro non ci aiuta molto. Nel leggere autori antichi si colgono poche analogie e molte distanze. L’Iliade di Omero si apre con la descrizione della peste, che imperversa nell’accampamento greco ed è punizione divina. Con Tucidide il primo racconto chiaro e asciutto della peste di Atene, lui è testimone diretto, si ammala e riesce a salvarsi. Una descrizione di rara forza drammatica la troviamo in Sofocle. Edipo, re di Tebe, vuole interrogare gli oracoli e conoscere la causa di tanta sventura. Non ascolta chi cerca di dissuaderlo, e scopre che la causa è proprio lui, che ha ucciso, inconsapevole, il padre Laio, e ne ha preso il posto sul trono e nel letto materno. Edipo re di Tebe, autore involontario di un sacrilegio indicibile, carico di disperazione, si acceca e prende la via dell’esilio; i suoi figli sventurati porteranno la colpa e la vergogna.

In tutti i racconti della peste ritroviamo tre elementi: la ricerca della causa del male, con le responsabilità umane e le implicazioni religiose; le azioni dei politici e governanti; il ruolo della medicina. Uno schema che potrebbe valere anche per noi.

Tucidide e Sofocle non ci parlano di economia, di fabbriche chiuse, di alunni privati di istruzione e socialità… Per noi entrano in campo altri soggetti: Unione europea, Oms, prefetti, protezione civile, sindaci. Non oracoli, ma medici e scienziati, e nemmeno i singoli scienziati, comitati tecnici, Agenzie del farmaco, Università, reti di riviste scientifiche. Tucidide dice che la paura degli dei e delle leggi non fermarono il degrado sociale…la corruzione… Noi abbiamo resistito bene, le regole non sono saltate. Abbiamo imparato a lavarci le mani, tenere le distanze, le mascherine, e poi ad avere fiducia… Abbiamo imparato che la scienza sbaglia, e deve imparare dagli errori. Sbaglia ancor più quando vuole rassicurare. Una lezione da tener presente per l’emergenza climatica. Non deve rassicurare ma deve dire la verità. Forse il modello giusto è quello di Greta Thunberg.

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