Il Natale, il presepio… hanno ancora senso? E i due bambini bulgari bruciati nel ghetto?

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“Buon Natale” Qual è il senso di questo augurio? Ricorda la venuta di Dio sulla terra a chi crede… e chi non crede? Ha proprio torto la commissaria europea a proporre di eliminare questa formula?

La lotta tra l’albero e il presepio è stata vinta dal primo. Il presepio man mano si è disusato nelle case private. Restano quelli di pregevole fattura in conventi, chiese… quelli artistici che partecipano alle mostre o frutto di una ricerca artigianale originale.

Il presepio l’ho sempre amato. Mi piaceva vedere quelli grandi che occupavano un’intera stanza, le montagne costruite con i giornali e impastati con la colla di farina fatta in casa. A casa mia era piccolo, occupava un angolo riparato, ma sempre diverso. Nel bosco si cercava la legna per la grotta, il muschio, rami con bacche colorate… Poi a Siponto con le pigne… poi di carta, materiali riciclati, con le costruzioni dei bambini… Nonostante i divieti, era luogo di giochi e i pastori convivevano con sceriffi e indiani, i sentieri divenuti piste per le macchinine… Il presepio è fragile, perde la forma in pochi giorni, ma è l’unico “fatto religioso” in cui i bambini hanno il diritto di partecipare ed esprimersi.

Se si vogliono scoprire le tracce nei vangeli si resta delusi. Solo il Vangelo di Luca parla di mangiatoia, di “grotta” parla uno dei vangeli apocrifi. Il Vangelo di Matteo parla di “casa”, e Gesù non è il bambino umile… è il re dei Giudei, che un altro re (Erode) odia e teme. Le cose certe sono queste: Maria e Giuseppe sono in viaggio verso Betlemme per il censimento voluto da Augusto. Maria è sull’asinello e ad un tratto dice a Giuseppe: “Calami giù … quello che è dentro di me… ha fretta”. Partorisce nel primo luogo possibile, nei pressi di Betlemme, brulicante di viaggiatori e stranieri giunti lì per compiere il dovere civico di “censirsi”.

Mi ricordo la notte di Natale di tanti anni fa. Poco più che adolescente. Ero solo in campagna. Una vacca stava per partorire, in anticipo… Chiamai i vicini. Partorì proprio a mezzanotte. Il contadino più anziano ed esperto tirò fuori il vitellino tremante, barcollante… in braccio lo portai davanti alla madre, che iniziò a leccarlo, pulirlo… Una notte fredda, rimanemmo nella stalla fino al mattino, alle prime luci cominciarono a venire altri dai poderi vicini. Alcune donne portarono il caffe e dolci fatti in quel periodo.

La stalla era un buon luogo dove nascere. Le vacche… la paglia, il fieno che profumava… Era il luogo più sano, le finestre ampie e sempre aperte, così come la porta di ingresso. Nei lunghi mesi di inverno, il ritmo di lavoro era più lento, lì c’era spazio e calore, lì ci si incontrava, aneddoti, storie, scherzi… si faceva teatro. In Emilia è nato il “teatro di stalla”. Le ricerche storiche riservano ancora tante sorprese.

Il bue, l’asinello, vicino alla mangiatoia, per scaldare e proteggere il bambino Gesù, li troviamo a partire dal IV secolo, insieme a pastori, stella, Magi… racconti e tradizioni si sviluppano e si ricongiungono, fino ad arrivare a Greccio; nella notte di Natale del 1223, S. Francesco rievoca la natività, lui imita il belato delle pecore, ma bue e asinello sono veri. Nasce il presepio, dal basso, vario, creativo. Un “rito” modesto, familiare che dà immagine a una mancanza, rende presente il “Dio invisibile”. Il paesaggio agreste e notturno si anima di tanti personaggi, tutti hanno un posto e significato. Tutto respira di scambio, condivisione, ospitalità, accoglienza e tutti danno quello che possono, C’è la memoria, la fedeltà, l’offerta… che si rinnovano ogni anno. Il Dio della rivelazione e della certezza ha i suoi templi, c’è poi il Dio della domanda, dell’inquietudine e nessuno sa dov’è. Alle parole accorate di Salomone di un Dio senza dimora… “Eccolo – dicono le statuine – è lì, sente, ascolta, comprende”.

Birka e Christian (2 e 4 anni), nati forse nel ghetto, lì sono morti uccisi nel rogo. Luoghi maledetti ignorati e non riconosciuti, nemmeno per pulirli una volta all’anno. Tutti si nascondono, anche quelli che auspicano soluzioni definitive. Ne parlerò prossimamente.

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