Endoxa. “Ed ecco, all’improvviso, un ponte sottile e fragile su oscure voragini…”

CULTURA

Endoxa, “Prospettive sul presente” (rivista on line bimestrale – Mimesis edizioni – a cura dell’Università di Trieste e della Campania), sollecita a riflettere sulle parole del nostro tempo.

Sull’ultimo numero (anno 7, n. 35) il tema è “Così lontani, così vicini”. Non ci sono riunioni di redazione, né indicazioni. Ognuno scrive ciò che crede. Una varietà di temi, interpretazioni, forme… L’editoriale di uno dei condirettori (in questo numero Ferdinando Menga) ricuce, raccoglie, costruisce la cornice. Noi in quanto corpi viventi abitiamo un luogo e uno spazio. Dalla corporeità concreta si stabilisce vicinanza e lontananza, da questa prospettiva ognuno di noi realizza la propria relazione con il mondo. Ma ci sono sempre nuove opportunità e possibilità per misurare il prossimo e il remoto: le nuove tecnologie, i residenti nelle periferie del mondo che vogliono avvicinarsi, i mondi e le generazioni future, gli animali non umani…

Collaboro da molti anni e in questo numero racconto il viaggio da Milano verso Foggia, il giorno di Natale, durante la pandemia, di un figlio che si reca a trovare la madre, lontana e assente, la mente chiusa dalla malattia. Porta con sé dei libretti di poesie, quelli distribuiti con i quotidiani. Alla madre piacevano le filastrocche popolari, ricordava le poesie imparate a scuola… L’ultima volta le aveva letto testi di Gianni Rodari, Pascoli ed anche alcuni versi di Leopardi. La sorella gli ha detto che è peggiorata e ha timore del suo silenzio, del suo sguardo spento… Ricorda un incubo ricorrente, raccontatogli più volte, nei primi tempi della malattia: lei aggrappata ad un cespuglio, e sotto, il vuoto di una “grava garganica”. Ripensa la sua rassegnazione orgogliosa e consapevole, quando le parole si allentavano, si perdevano, e lei che cercava con fatica di afferrarle. Ricorda pure il suo sguardo freddo, quando le chiese della badante, e la sua risposta: “E’ un’amica… è sincera con me… è un’amica”

In treno viaggiano con lui una donna anziana e una bambina. Forse nonna e nipote. Straniere, africane. La donna non parla italiano… Forse intuisce le sue preoccupazioni, il suo dolore. Con gli occhi, la fronte, un leggero movimento delle labbra, un sorriso reciproco appena accennato… Si sono capiti e sono contenti. La donna e la bambina scendono a Pescara.

Questa è l’ultima pagina del racconto. “Scendo a Foggia. Giro un po’ per la città. Devo aspettare l’autobus un paio d’ore. Arriverò in tarda serata, mia madre potrebbe già dormire. Quando il colloquio diviene impossibile e le nebbie fitte sembrano chiudere ogni orizzonte esistenziale non c’è altro, che porsi davanti, stringere la mano, accarezzare, sfiorare il volto, i capelli… Arrivo a casa. Saluti silenziosi. La vedo di spalle. “Vedi chi c’è?”. Mi siedo di fronte a lei. Sorrido e le prendo le mani. “Oggi è stata agitata. Secondo me ha capito che dovevi venire”. Mia sorella e Giuseppina (badante – amica) vogliono metterla a letto prima di lasciarmi solo. Guardo mia madre. Appare la fronte, gli occhi e la mano che stringe le coperte. Io mi distendo vestito sul letto, al suo fianco. La luce è fioca. Leggo dei versi: “Sono venuta a comprare un sorriso – oggi  –  appena un sorriso solo. Il più piccolo sul vostro viso – andrà benissimo”. Li ripeto un paio di volte. Muove la mano. Appena un cenno. La tocco leggermente. Poi, lentamente : “Vorrei che la mia anima ti fosse leggera, come le estreme foglie dei pioppi, che si accendono di sole, in cima ai tronchi fasciati di nebbia. Vorrei che la mia anima ti fosse leggera, che la mia poesia ti fosse un ponte, sottile e saldo, bianco, sulle oscure voragini della terra”. Mi stringe la mano, in modo appena percettibile. “Solo una mano d’angelo potrebbe offrirmi la concavità del suo palmo, perché vi riversi il mio pianto”. Sono stanco, mi assopisco e mi risveglio, le parole si perdono, si confondono… “Non c’è giorno che ritorni, non due notti uguali uguali” Sento la sua mano che mi stringe. “Sono venuta a comprare un sorriso, appena un sorriso” Scorgo un lieve sorriso. Continuo, mescolando versi e immagini in un lungo dormiveglia. Lei comprende, mi comprende”.

I versi sopra riportati sono di Emily Dickinson, Antonia Pozzi, Alda Merini, Wislawa Szimborska. Per chi desidera leggere l’intero racconto e gli altri testi di questo numero: cfr Endoxa, gennaio 2022.

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