RSA e non solo. Uno spettro si aggira intorno a noi: La Cura, necessaria e difficile.

SOCIALE

L’invecchiamento della popolazione e i bisogni di cura. Un universo complesso e mutevole. Non c’è una differenza netta tra autosufficienza e non autosufficienza. Nemmeno nella fascia che è oltre gli ottanta anni.

In Capitanata sono ca 54.000. A Manfredonia si avvicinano ai 4.000. Tutti gli anziani vogliono vivere a casa propria, anche gli ultraottantenni, che si sentono fragili e avvertono crescenti bisogni di cura. La cura familiare e/o domiciliare è “vecchia”, ma è anche una nuova frontiera. La domiciliarità significa ripensare il concetto di salute, stabilire un piano di assistenza personalizzato, un lavoro di rete, una pratica professionale “democratica”… Vede coinvolti medici di base, servizi infermieristici, servizi sociali, interventi assistenziali… La scelta soddisfa varie esigenze e le persone assistite nel proprio ambiente di vita permettono di valorizzare il ruolo della famiglia, delle associazioni di volontariato, del vicinato…

Nelle cure domiciliari, nelle case di riposo restano fondamentali la cooperazione, la fiducia, le verifiche continue. C’è sempre un capitolato, un bando di gara, l’affidamento di un servizio. C’è un Ente committente e una regia che verifica se un servizio viene svolto con cura. L’assistente sociale comunale seguiva sistematicamente un centinaio di anziani in un mese: visite domiciliari quotidiane, contatti telefonici, ricevimento del pubblico. Veniva a sapere di operatrici/operatori che non parlavano con le persone assistite, avevano fretta, accudivano e parlavano al telefono, qualcuno/a suonava e andava via prima che l’anziana aprisse la porta… Giovani del servizio civile, che portavano a passeggio un disabile, stavano per tutto il tempo sulla chat. Gli anziani si lamentavano… anche dei figli che non andavano mai a trovarli. Come si operava? L’assistente sociale interveniva, richiamava, censurava… A volte si rendevano necessari incontri con tutto il personale insieme alla cooperativa. Funzionavano.

Tutti i servizi, le comunità, le scuole, le famiglie, le parrocchie, le aziende persino… hanno bisogno di “scosse”, di verifiche. Gli operatori, i dipendenti “sentono” il contesto, si adeguano, “nuotano” nell’acqua. E quando l’acqua è sporca, bisogna purificarla. L’ho sperimentato presso i Servizi sociali, l’ho suggerito in qualche corso di formazione… Incontri collettivi partendo da situazioni concrete, da esperienze vere, da un progetto… Partecipavano tutti: non solo assistenti sociali… amministrativi, autisti, giovani del servizio civile, uscieri… vi era gioia di partecipare, entusiasmo. Sentivano il calore di parole, come cittadinanza, rispetto… avvertivano il fiato addosso, il respiro della comunità. Tutti si sentivano parte di un gruppo, e responsabili.

RSA di Siponto.  C’è stata indubbiamente la “fabbrica” frettolosa di figure socio – assistenziali. Si sono moltiplicati gli Enti formatori, i corsi si pagavano… Può bastare un corso per formare professionalità complesse? Si può formare alla cura, al rispetto, alla sensibilità? Nel dibattito confuso di questi giorni si pone l’accento sulla responsabilità dei singoli (ed occorre aspettare le indagini), ma si sottovaluta il ruolo della “proprietà” e della gestione del servizio. Assunti tutti sulla base dei titoli… Erano bastevoli o emergevano, nel lavoro quotidiano, carenze? Alle quali occorreva rispondere con la formazione continua, tirocini, rotazione dei gruppi di lavoro… dialogo, figure di garanzia scelte tra i parenti e/o volontari. Ora si parla di ispezioni frequenti della Regione e di videosorveglianza… Mettere ovunque telecamere e rivolgersi alle forze dell’ordine! Prima non c’è altro?

Le RSA rientrano nel piano sociale di zona. Non sono ghetti, luoghi a sovranità limitata. I ricoverati sono nostri concittadini… Dobbiamo interrogarci tutti, ci sono tante responsabilità indirette, anche tra coloro che mostrano l’intenzione di costituirsi parte civile.

Il servizio sociale professionale pubblico è sentinella avanzata per valutare i servizi, le segnalazioni, le lamentele, le voci. Le conflittualità familiari, gli affidi, i maltrattamenti familiari anche di anziani, i casi di violenza, la difesa dei soggetti fragili… Le forze dell’ordine non possono interrogare alcun minore senza la presenza dell’assistente sociale… Alcuni anni fa la procura della Repubblica dispose l’allontanamento di due minori (dopo l’arresto di un latitante della mafia garganica), e ordinò al servizio sociale professionale del Comune di Manfredonia di individuare una struttura protetta e “segreta”. Il servizio sociale professionale pubblico può e deve intervenire per valutare il benessere anche nelle RSA… Non si può sopperire con le assistenti sociali delle cooperative!

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