I morti della pandemia. In Capitanata i numeri più alti d’Italia. E nessuno ne vuole parlare.

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Sono usciti i dati Istat del 2021. “Foggia tra le prime 3 province dell’Italia centro meridionale”, disse Vitangelo Dattoli, responsabile dell’emergenza sanitaria, nel settembre 2021. I dati dei decessi vanno molto oltre e sono impressionanti.

Il Sud è stato colpito marginalmente nella prima metà del 2020, poi fortemente nell’autunno di quell’anno e la primavera del 2021. Il punto di riferimento è il 2019, allora i decessi furono 6182, in linea con gli anni precedenti. In Capitanata l’Istat registra nel 2020 un’impennata a 7495 (+ 1313) e nel 2021 a 7309 (+ 1127). Complessivamente 2440 decessi attribuibili al Covid. La popolazione è di 599.000 abitanti. Il confronto tra province con popolazione analoga mostra Taranto con 1498 decessi, Latina 1382. Stupisce poi che province, prese a caso e molto più popolose (da 700.000 a 900.000 abitanti) abbiano un numero di decessi nettamente inferiore: Cosenza (+ 1145), Lecce (+ 1900), Caserta (+ 2060).

Il primato della Capitanata in Puglia e nell’Italia centro meridionale è evidente fin dall’inizio dell’Ottobre 2020 (numero dei positivi, segnalati quotidianamente dalla Regione), ma nessuno se ne accorge, poi a metà novembre improvvisamente si passa dai viali affollati di un piacevole autunno alle file di centinaia di persone davanti ai centri analisi. In un paio di giorni, dall’indifferenza al panico.

A Manfredonia l’Istat riporta per gli anni 2020 e 2021 un aumento di 263 morti. Tra i numeri più alti insieme a Cerignola. A Trani con analoga popolazione i decessi sono 110, ad Avellino 105… Barletta ne registra 205, Andria 246, ma doppio è il numero degli abitanti. Le cause? E’ difficile individuarle… Sono varie, diverse, culturali e ambientali… I circoli chiusi, supponenti e pigri, con convinzioni proprie, i mancati controlli nel lockdown… E’ certo che nelle festività di fine anno 2020 verso Siponto e i villaggi del litorale Sud si creavano veri e propri ingorghi di traffico.

L’Asl su questa “strage nascosta” non si pronuncia. Parlando con qualcuno si nota solo imbarazzo. “E’ mancata la filiera tra informazioni, controlli, fiducia”, si scopre così l’acqua calda. A sentire alcuni, nella pandemia, tutti hanno fatto il loro dovere. Ed è vero. Ma solo il loro dovere! Niente altro. “Si tratta di ultraottantenni, molti con altre patologie”, certo, ma sono quasi 2500, un paese intero! Molte famiglie sono rimaste traumatizzate da partenze senza ritorno verso l’ospedale e da forme gelide di comunicazione (“non collabora…” “non collabora…” “qui non c’è, forse all’obitorio…”). Solo i Camilliani di una parrocchia di campagna (Macchia), oltre a erigere un monumento alle vittime del Covid, hanno protestato per i  pullman dove gli studenti di Mattinata erano stipati come sardine. Con numeri così alti rispetto ad altre città è lecito porsi delle domande, tra l’altro anche sulle responsabilità dei due grandi ospedali di Capitanata (Riuniti di Foggia, Casa Sollievo di S. Giovanni Rotondo).

Nella pandemia si parlava di nuova sanità, prossimità, ospedale di comunità. E ognuno intendeva cose diverse. Oggi poi c’è una corsa a criticare coloro che vanno fuori, ai cittadini che si spostano in altre regioni, accusando le strutture ospedaliere del Nord di creare condizioni favorevoli, in sostanza hanno la colpa di trattar bene i meridionali. Tutti sottolineano quanti soldi perdono. “Sono interventi che si possono fare qua!”. E’ perversa la tendenza a non guardarsi dentro, non vedere ciò che non funziona. Considerano solo l’aspetto operativo – chirurgico e non la qualità dell’accoglienza, del rispetto, delle parole, della modalità di lavoro collaborativo. Intanto non si tiene conto che tante famiglie meridionali hanno al Nord figli, nipoti, parenti. Centomila persone (famiglie intere), in 20 anni, si sono traferite dalla Capitanata nelle città del Nord.

L’ospedale di Padre Pio attraversa una crisi che si protrae da diverso tempo. Da responsabile delle pagine settimanali su Avvenire, per oltre dieci anni, spesso ho riportato le critiche sulla perdita dello spirito originario, le conflittualità interne… Discorsi vecchi ormai. Sempre meno i fedeli di Padre Pio si rivolgono a Casa Sollievo. Prima “si affidavano”, ora chiedono efficienza e rispetto. La stessa percezione del Santo, come tutti i santi del resto, muta. Padre Pio sembra uscire dall’immagine del santo taumaturgo e diviene espressione di una spiritualità essenziale, del dolore e del mistero. Non sono riuscito ancora a vedere il film di Abel Ferrara, e non so aggiungere altro per ora.

Una notizia di questi giorni riporta che gli ospedali sono pieni di migliaia, milioni di vecchi, che, se dimessi, non saprebbero dove andare. Prossimità non significa solo sostenere le cure nel luogo in cui si vive, ma costruire rapporti di relazione tra persone e soggetti diversi, al fine di passare dalla prestazione di cura alla presa in carico del percorso di cura… Un cambiamento culturale ed etico contestuale alla correttezza gestionale ed economica e indispensabile per la qualità del servizio.

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