“Vite di scarto”. Riempiono Rsa e non solo. Il futuro che non vogliamo vedere.

SOCIALE

Forse la pandemia, la guerra, la primavera che tarda… Circoli e associazioni degli anziani stentano a ripartire e sembrano mancare di energia vitale.

Viviamo il “dopo“. Dopopandemia, dopoguerra (ma la guerra non è passata), dopo le indagini sulle Rsa. Le notizie dei maltrattamenti in Rsa sono quasi quotidiane, oggi su Avvenire è la volta di S. Donà di Piave. In questo territorio, come ovunque, all’inizio giustizialismo feroce, gogna pubblica, poi le distinzioni, le giustificazioni. Ora, mentre la magistratura sta concludendo i lavori, i manifesti nella città di nuovi Corsi OSS, con volti sorridenti, il numero ore… ad opera della stessa Cooperativa della Rsa Stella Maris. Corsi legittimi, s’intende, ma si era detto di calibrarli meglio (nei tirocini, in lezioni di etica…), di assunzioni più oculate, una maggiore vigilanza, un organismo consultivo dei parenti. In sostanza piccoli impegni. Ora quei manifesti… Ma nessuno sente il bisogno di chiedere scusa? L’assenza di responsabilità penale cancella tutto? E la Regione? Dopo quanto accaduto in Capitanata non sente il dovere di dire qualcosa, rassicurare, proporre verifiche e controlli… Solo la videosorveglianza ci salverà?

Parto da una innocenza penale, dall’assenza di responsabilità dirette, da una direzione della Rsa che ha fatto il proprio dovere; ed è questo il punto: ha fatto solo e strettamente il proprio dovere. Se in un gruppo di adolescenti si verificano atti di bullismo (al di fuori della scuola), i docenti, il dirigente non si interrogano? I coetanei, i genitori non si sentono chiamati in causa? Qui parliamo di quel senso civico che ci porta ad alzare gli occhi e a interessarci di ciò che accade intorno a noi. Ma con i vecchi è diverso, muoiono ed è normale. Una mia amica, parlando della morte del padre (ultranovantenne), premetteva il ringraziamento per gli anni vissuti, ma quasi chiedeva scusa per non riuscire a praticare una “diminutio” del dolore.

Le persone anziane appaiono come “una massa di corpi superflui, in quanto inutili, costosi, inidonei o fuori posto, che rientrano nella categoria degli scarti, dei rifiuti umani, e, che, come tali, vanno smaltiti, attraverso procedure codificate” Parole dure di Zygmunt Baumann. Però questo è quello che si vede nelle case di cura. Questo è quello che vi è nelle abitazioni di tanti.

Marco Aime racconta che, parlando delle abitudini europee con gli anziani thangha (Benin), uno di essi chiese se era vero che in Italia gli anziani erano messi negli ospizi. Il dialogo era complesso perché la parola ospizio non si poteva tradurre; l’antropologo rispose che sì, in alcuni casi era vero che gli anziani erano portati in ospizio. Un vecchio si alzò e disse: “E voi volete portare a noi la civilizzazione?” Mentre tutti gli altri anziani scuotevano la testa.

Sta funzionando lentamente un’emarginazione della vecchiaia. E anche per colpa dei vecchi. “Portatori di niente”, in questi giorni primaverili li vedo sulle panchine con i cellulari, sembrano adolescenti, giocano e mostrano immagini… o in rari gruppetti che parlano di calcio, televisione… Un dibattito sulla sanità e non c’è nessuno. Né cinema, né teatro. Nemmeno un pizzico di trasgressione con i nipoti. Forse le donne reagiscono meglio, parlano di cibo, camminate, autonomia, corpo… Un over sessantenne dice: “voglio imparare a conservarmi”. Parlava del corpo. E la mente? E’ questo il giovanilismo?

La dignità dell’invecchiare non è nel nascondere, ma nel riconoscere i limiti, è nel dono, è nella cura del mondo intorno intorno a sé. C’è una cultura economicista e neoliberista, condivisa da politica e sindacato, che monetizza persino il tempo dei nonni quando vanno a prendere i nipoti a scuola! Si dice che fanno risparmiare decine e decine di miliardi! Ma quando non saranno utili nemmeno a questo scopo? Una trentina di anni fa in Svezia uno studio commissionato, e subito sconfessato dalle autorità, poneva un limite all’età.

Né eutanasia, né accanimento terapeutico. E’ una formula generica. In molti ospedali ed Rsa, nella pandemia, si è valutato chi poteva sopravvivere e chi no. La Capitanata è stata definita la “Codogno del Sud”. Non so se ci siano rilevanze penali, ma errori certamente, sottovalutazioni, carenze di controlli… Ecco cosa intendo per chiedere scusa. Non serve a niente, solo a recuperare un po’ di umanità.

Fra una decina d’anni i vecchi potrebbero travolgerci. Servirebbe una rivoluzione culturale, etica, sanitaria. Il Sindaco di Manfredonia, fra rimpasti e nuove deleghe, potrebbe rimettere in piedi la Consulta degli anziani. E’ già nello Statuto Comunale. Rivederla, renderla funzionale, efficiente… Una piccola cosa. Come chiedere scusa.

Share on FacebookShare on Google+Tweet about this on TwitterShare on LinkedIn