Il buon governo? Per ora è quello dipinto.

CULTURA

In una città dell’Oriente c’erano corruzione, inciviltà, delinquenza. Lo sceicco prova vari espedienti. Nuove leggi. Ma niente da fare. Rafforza la polizia e i controlli. Senza risultati. Dare premi e castighi esemplari… Alla fine incontra degli artisti i quali gli chiedono di poter lavorare nella moschea, ma nessuno deve vedere che cosa stavano facendo. Passano i giorni e le settimane. Lo sceicco è ansioso  e preoccupato. Alla fine i tre artisti gli dicono di far entrare i suoi sudditi nella moschea. Tutti in fila lentamente e all’uscita tutti appaiono pensierosi, a testa bassa, alcuni parlano tra loro. Si produce un miracolo. Nella moschea hanno visto l’immagine della città bella e virtuosa e provano a metterla in pratica.

Un professore dell’Università Cattolica di Milano (Marco Grazioli) racconta che a New York, in una piattaforma della metropolitana, vede tre ragazzi che con i loro spray “lavorano” su un muro. Si ferma a guardarli e poi uno di quelli chiede: “Da dove vieni?” “Italia”. “Ah, Lorenzetti. Il buon governo. Qui stiamo facendo la stessa cosa”. “Sei mai stato a Siena?” “Non ancora, non ho i soldi, mi pagano troppo poco”.

Lorenzetti a Siena dipinge nel 1338-1340 Il buon e il cattivo governo. Il buon governo presenta vie affollate di mercanti, botteghe dove si lavora e si produce, una scuola, fanciulle che giocano, nuove case che si costruiscono. L’impressione generale è di benessere, laboriosità. Nel contado: filari di piante, fattorie ben tenute, contadini al lavoro e mercanti e viaggiatori che sicuri si muovono lungo le strade. Il cattivo governo ci mostra case bruciate, edifici e botteghe abbandonate, solo un fabbro lavora e costruisce armi, soldati per le strade e lo stesso per il contado. Il bene comune nasce dalla concordia, la concordia dalla giustizia, la giustizia dalla sapienza.

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I ragazzi di New York stavano scrivendo la loro visione del mondo, quel melting pot che si trova per le strade della metropoli americana. Lo facevano con semplicità, ingenuità, entusiasmo e con gli strumenti espressivi che conoscevano. Lo stesso ho visto ad Hackney: un grande murales (nella foto) pieno di colori, di facce, di strumenti musicali diversi. Hackney, il quartiere più multiculturale di Londra, quello in cui, nel referendum Brexit, quasi 80% ha scelto per rimanere in Europa. Come è stato possibile che un quartiere (oltre 200.000 abitanti), diviso e lacerato, si è trasformato nel giro di pochi anni in una comunità integrata e vivace? Il racconto di uno dei protagonisti dice che hanno contribuito quattro spinte propulsive: le aspirazioni dei giovani, imprenditori creativi, pubblici dipendenti motivati (funzionari, docenti, operatori sociali e sanitari…), le comunità dei volontari, non tanto quelle istituzionalizzate, ma quelle spontanee che piantavano alberi in un parco, o in una strada si prendevano cura di un’aiuola, o all’incrocio aiutavano i bambini a passare. Tutti insieme hanno costruito visioni di futuro. E se per il Sud si partisse da queste realtà?

 

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