Lo scandalo del futuro. Una giustizia per le future generazioni

CULTURA

Ombre evanescenti avanzano, chiamate in causa con sempre maggiore frequenza dai sensi di colpa del nostro tempo, e chiedono timidamente udienza. Sono tanti, sono le future generazioni, si tengono per mano, provano a dire qualcosa, un vocio collettivo diffuso (non hanno portavoce o leader… ). Noi li evochiamo e non li ascoltiamo, distratti e assorbiti in una contemporaneità dalla quale non riusciamo a staccarci.

Che si parli di patrimonio culturale, di paesaggio, di sviluppo, di inquinamento, di clima… invochiamo le future generazioni, come giudici che valuteranno le nostre scelte. Ancor più quando parliamo di debito pubblico. Un po’ ipocritamente, visto che continuiamo a caricarle di un peso per cui proprio non hanno tanta voglia di venire al mondo. Non c’è luogo della terra o discorso pubblico che direttamente o indirettamente non veda coinvolti gli essere futuri.

Il 9 e il 10 marzo sarà presentato, rispettivamente a S. Giovanni Rotondo e Manfredonia, un libro importante, una introduzione alle teorie per una giustizia intergenerazionale, dal titolo “Lo scandalo del futuro”.

Voglio che le cariche importanti, /dove si decide per il mondo /vengano assegnate solo a donne / madri di figli. /Sarei così curioso di vedere /se all’interno delle loro decisioni /riuscirebbero a scordarsi del loro futuro” (Fabi- Silvestri). E’ una delle citazioni che apre il libro.

Tutte le teorie esaminate nel libro, mostrano difficoltà a concepire diritti, che non siano rivolti ai viventi. Le generazioni future non esistono, non sono presenti, non hanno alcun potere contrattuale; verranno quando sarà, ma non sappiamo cosa penseranno, come imposteranno la loro vita. La loro assenza è un ostacolo per costruire un diritto e una giustizia valida per il futuro. I filosofi e i giuristi non riescono a superare le difficoltà all’interno delle teorie contrattualistiche, utilitaristiche, libertarie o di quelle che si basano sulla reciprocità. Sono costretti a introdurre una intuizione etica, che spezzi la logica degli interessi in campo. Pensare ai diritti delle generazioni future significa infatti parlare dei nostri doveri oggi. Dei sacrifici che forse dovremo fare e dell’impegno a lasciare il mondo almeno come l’abbiamo trovato.

L’autore Ferdinando Menga, originario di questo territorio, docente a Tubinga (Germania), dopo una esposizione delle teorie che affrontano il problema e parlato dei limiti delle proposte, cambia prospettiva e dà consistenza a un futuro, che non attende passivamente di essere da noi invitato, ma ci interpella con determinazione. Una “irruzione” che provoca, sollecita, invoca una “proiezione immaginativa” e ci chiama a dare risposte responsabili.

Il futuro è il tempo più concreto della coniugazione dei verbi, se è vero che il presente è inafferrabile, sempre travolto dal tempo che scorre, e il passato è sempre irrimediabilmente compiuto o dimenticato. Il futuro è la vita vera, quella che si vive.

Sappiano come ci interpella il passato, con cui dobbiamo fare i conti a livello personale e storico (e ci interroghiamo sulle responsabilità di fatti trascorsi, sulle scelte operate, le occasioni perdute, sulle grandi tragedie della storia…); non sappiamo come convivere con un futuro che ci interpella. Dobbiamo forse sviluppare la capacità di estendere nel tempo la morale, sviluppare una sorta di “fantasia morale”.

Non bisogna dimenticare che prima di parlare di generazioni future dobbiamo assicurare un futuro a quelle presenti. Nel 2000 Nadine Gordimer (premio Nobel della letteratura) scrive una lettera alle generazioni future. Il primo obiettivo, dice, è lo sradicamento della povertà: pensare nei paesi poveri alle generazioni che verranno è far vivere quelle odierne. E poi dare a tutti la possibilità e gli strumenti per esprimere i sogni, i desideri, “la forza dell’immaginazione”.

A Manfredonia l’incontro di presentazione si svolgerà all’auditorium Vailati il 10 Marzo alle ore 19. Ne parleranno, alla presenza dell’autore, Fabio Ciaramelli (Università di Napoli), Paolo Campo, Paolo Cascavilla.

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