Il LUC e Impastato. Peppino non vive e non lotta insieme a noi

CULTURA

E’ solo una questione di nomi? Dietro di essi ci sono memorie, passioni, idee. Tutte le strutture sociali e culturali, i luoghi di incontro, le scuole… hanno nomi significativi. Sono stati inaugurati, intitolati, e si dovrebbero ricordare quei riferimenti e quei nomi! “E’ bella e amabile illusione celebrare annualmente le ricordanze importanti, sì religiose come civili, sì pubbliche come private…” (Leopardi). Levi Montalcini, Dalla, Merini, Castigliego, Decembrino, Tricarico, Serricchio, Perotto, Mozzillo, Rizzi… Nomi noti e meno noti. Se sono stati dati una motivazione c’è e va ricordata, conosciuta. E’ ben triste che gli stessi che “abitano” quei luoghi spesso non sappiano o non si curino di sapere. Da quei nomi si ricava anche una destinazione, un percorso, motivazioni, impegni.

A Peppino Impastato è intitolato il Laboratorio urbano culturale (Luc) di Manfredonia. Nessuna iniziativa per i 40 anni. La sua morte coincide nel 1978 con quella di Aldo Moro e viene presto archiviata. Un silenzio per oltre 20 anni. Poi nel 2000 c’è un film (“I cento passi”) che non ha solo cambiato la memoria di quello sconosciuto siciliano, ma ha saputo creare un’empatia, una coralità, un sentimento collettivo. Quando è stato proiettato in un cineforum alla sala Vailati diversi anni fa, al termine del dibattito, una ragazza disse: “Io non sono comunista, non lo sono stata e non lo sarò, eppure quel giovane lo sento vicino, è parte di me. Stasera anch’io vado via con la voglia di resistere, di lottare”.

Peppino Impastato aveva fondato Radio Aut nel 1977 e conduceva la sua battaglia contro la mafia, non quella di Palermo, della Sicilia, ma quella del suo paese (Cinisi, dove quell’anno si candidò alle elezioni comunali). Il “mafioso” aveva un nome e cognome, abitava vicino, aveva “favorito” anche la sua famiglia. Peppino leggeva gli appalti del suo piccolo comune e riferiva le contraddizioni, i favori, i punti oscuri; osservava i rituali mafiosi e li raccontava. Lo faceva con ironia, con lo sberleffo. Era imprudente e impertinente. Spezza il legame con la storia mafiosa della sua famiglia. La madre non vuole vendetta, sa che la famiglia vera di Peppino sono quei giovani che a centinaia gridano dietro il feretro: “Peppino è vivo e lotta insieme a noi. Le nostre idee non moriranno mai“. Da sola inizia la sua battaglia per la giustizia. Una madre – coraggio come tante.

Con la radio Impastato faceva “controinformazione” e venne ucciso. Come 10 anni dopo Mauro Rostagno, leader del ’68 a Trento, fondatore di Lotta Continua… poi lasciò tutto e si ritirò in un paesino del trapanese, dove fondò una comunità (Saman) per il recupero dei tossicodipendenti. Collaborò con la TV locale, i suoi servizi parlavano della mafia e dei problemi del suo territorio. Fu ucciso il 26 settembre 1988.

“Informazione e controinformazione” è un testo fondamentale per capire gli anni Settanta. Autore Pio Baldelli, docente di Storia del cinema e comunicazioni di massa a Firenze. Fu direttore di Lotta Continua e di alcune radio indipendenti, tra cui Radio Gargano Democratica. Ne parla Mario Valente nella sua tesi di laurea in storia contemporanea: “Tentativi di informazione e controinformazione. L’azione della sinistra extraparlamentare nel Gargano degli anni Settanta”. Valente dedica un ampio spazio al racconto di un’esperienza che, nata a Manfredonia tra il 1975 e 1976, prova a costruire un nuovo modo di fare informazione: aperto e pluralista, con una programmazione attenta ai bisogni della comunità, alla storia delle persone. E soprattutto prova a cambiare il linguaggio. Fu un’esperienza breve.

Una ricorrenza si può ricordare in molte forme. Su quel periodo ci sono film, libri, musiche. Tanti i racconti possibili. Invece dal Luc Peppino Impastato solo silenzio.

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