Immigrati. C’è chi guarda dal sottoscala, chi dal terzo piano e chi fa business

SOCIALE

Vi è un effetto tunnel, un restringimento del campo visivo, come nelle gallerie, per cui appaiono nitidamente gli oggetti inquadrati nella fascia di luce in fondo al tunnel, mentre non si vedono tutte le altre cose al di fuori. Da uno scantinato si vedono solo i piedi delle persone, non i volti, non le case, i negozi. Anche la mente può subire l’effetto tunnel: la banda larga si restringe, e sugli immigrati chi governa non riesce ad abbracciare tutti i fatti e a metterli nella giusta sequenza.

I leader europei sono trincerati dentro i rispettivi tunnel, tutti con una paura matta dell’opinione pubblica ostile agli immigrati; un’ostilità che contribuiscono essi stessi a far crescere a furia di parlane avvolti da un unico monotono racconto intorno a poche parole: invasione, identità, criminalità… E queste parole rimbalzano nei discorsi quotidiani, ed è difficile discutere, trovare altre parole…

In Italia c’è stata  un’accoglienza senza integrazione, fuori controllo, che ha creato paura, insicurezza. Una accoglienza che per molti è stato un business.

Nei giorni scorsi in Calabria vi è stato l’omicidio di Soumaila Sacko. E’ morto mentre cercava di procurarsi qualche lamiera per costruire una baracca nel ghetto di S. Ferdinando. I ghetti degli immigrati sono tanti nel Sud. La settimana scorsa, girando per il Tavoliere, ho visto macchine che trasportavano cartoni e lamiere per ricostruire o costruire fatiscenti ricoveri. Smantellarli? Ci hanno provato. Il “gran ghetto” è stato ricostruito immediatamente. Sono morte due persone nell’incendio seguito allo sgombero, delle quali non si ricorda nemmeno il nome. Era la primavera dello scorso anno. I commenti dei rappresentanti delle istituzioni furono trionfalistici. Tutti parlarono di una “vittoria dello Stato”, di affrettarsi a sgomberare gli altri ghetti e di costruire “un sistema di accoglienza strutturata e adeguata” per quelli che sarebbero arrivati, e indicavano il numero: non inferiore a 20.000! Tutti (parlamentari, sindacati, Regione…) dicevano che bisognava non farsi trovare impreparati per l’estate. E ora siamo alla seconda estate. E non è cambiato nulla. Tanti twitt e proclami, ma non un’idea, una parole su come fare, da dove cominciare…“Abbiamo fatto la legge sul caporalato”, ripete con monotonia il Pd. Ma la legge (giusta) non è pane, non è casa, non è sicurezza per i cittadini.

Nel Tavoliere da tempo circolano idee e proposte per l’emergenza estiva: tendopoli, collaborazione dei coltivatori nell’allestimento di alloggi, si pensa pure ai villaggi abbandonati dell’Ente Riforma, alle case cantoniere… Proposte vaghe certamente, da esaminare…

Si spendono soldi, molti soldi per l’accoglienza straordinaria, senza alcuna verifica o controllo su quello che si fa. I ghetti sono un’emergenza che dura da 25 anni. Per fornire acqua, bagni chimici, vigilanza sanitaria… milioni di euro, “ci hanno guadagnato cooperative e associazioni”. C’è pure una questione infanzia tra i ghetti nel Tavoliere e nei casolari. Negli ultimi tre anni sono arrivati in Italia 64.000 minori non accompagnati. Meno di 20.000 sono nelle strutture protette (che se li tengono stretti). E gli altri?  Scomparsi.

Spese fuori controllo”. “Un’opacità pervasiva che avviluppa qualsiasi segmento del sociale”. “C’è del marcio nel terzo settore“. Titoli di giornali (tra cento, mille). Un clima politico difficile che sta cambiando molte cose, in Italia e in Europa. A crearlo hanno contribuito solo gli arrivi? O anche una politica fatta di inutili proclami, gli interessi e gli affari, una informazione affollata di immagini e parole che danno l’idea di un disordine irrimediabile, senza speranza? Le paure e la rabbia crescono quando nelle campagne, nelle periferie, nei quartieri degradati non si vede neppure l’inizio (o la promessa di un impegno) per una possibile soluzione.

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