Mafia garganica. La repressione non basta. Serve altro, molto altro.

CULTURA

Tre fatti in pochi giorni: Omicidio a Vieste di un giovane di 22 anni, incendio in pieno giorno di due auto a Monte S. Angelo (sindaco e dirigente), archiviazione della scomparsa del giovane Francesco Armiento (la madre dice di conoscere il nome del responsabile!). C’è un disagio diffuso, anche nell’informazione si avverte ora il bisogno di parlarne il meno possibile. Tante le notizie che hanno accompagnato l’azione delle forze dell’ordine passo passo: il Gargano perlustrato ed esplorato in ogni angolo e anfratto, il ritrovamento di armi nei muri a secco, nelle stalle… l’arresto di tutti coloro che potevano essere arrestati. Il racconto, però, è stato ripetitivo e debole. “Non bastano i cacciatori di Calabria, il reparto anticrimine, ora chiederò l’istituzione a Foggia della DDA”, Marco Pellegrini, senatore di 5 stelle, prima delle elezioni ha girato tutti i comuni della Provincia per far approvare delibere a favore dell’istituzione della Corte di Appello a Foggia. Ma per la lotta alla mafia servono le sezioni staccate, tribunali decentrati? A volte funziona meglio una struttura centralizzata ed efficiente; non è la vicinanza che conta, sono i mezzi a disposizione, le persone, la qualità dell’investigazione, lo scambio continuo di informazioni… Purtroppo la vicenda del Palazzo di giustizia di Bari è lì sotto gli occhi di tutti a rappresentare il disastro della gestione di un organo fondamentale della vita istituzionale e civile.

Gli strumenti di repressione messi in atto sono importanti, ma devono essere accompagnati da altro. Intanto mai dovremo smettere di riflettere (in verità non abbiamo mai cominciato) su come siamo scivolati in questa situazione, sui ritardi con cui è stata affrontata la questione, sui nuclei investigativi che non sono stati valorizzati o smembrati… Non pochi segnalavano la novità di un fenomeno che stava sfuggendo di mano, ma molti hanno girato la testa altrove, nelle istituzioni e nella politica. La mafia quando si insedia non scompare, resta, cambia aspetto, vestito, permane sotto pelle. Serve un altro sguardo, un “pensare politicamente scorretto”, bisogna interrogarsi, nell’intero territorio garganico, sulla prevenzione, sul silenzio e le paure, sull’assenza di organi di informazione territoriali e di una borghesia civile, sul dibattito culturale e politico privo di contenuti “veri” e offuscato da ambiguità e commenti social sollecitati e guidati. Ci sarebbe bisogno di una classe politica “altra”, non straordinaria, ma capace di leggere i fenomeni, collegarli insieme. Sono stati sciolti per mafia due comuni, sulle cui modalità e conseguenze bisognerebbe riflettere, c’è il ruolo degli ordini professionali, delle associazioni di categoria…

Intanto occorre rispondere agli “interrogativi angoscianti” posti dal Sindaco di Viestesulla suggestione crescente operata dalla criminalità sui nostri giovani”, che vivono in piccole comunità, dove ci si conosce e dove quelli (spesso giovanissimi) che delinquono e quelli che scompaiono sono andati a scuola insieme, frequentano gli stessi luoghi…

Ormai le telecamere sono uno strumento indispensabile, se non ci fossero, i delitti impuniti sarebbero molti di più. Sono indispensabili, purtroppo, anche negli asili, scuole, case di riposo… Genitori e parenti, purtroppo, non si rivolgono più ai dirigenti scolastici o ai titolari del servizio, ma direttamente ai Carabinieri! Che operano bene, ma non è sufficiente. Molti comuni sottoscrivono patti per la sicurezza urbana, con l’obiettivo di prevenire i fenomeni di criminalità diffusa “attraverso servizi e interventi di prossimità” specie nelle zone di degrado, coinvolgendo reti territoriali di volontari, le forze dell’ordine, nonché con l’installazione di sistemi di videosorveglianza, che poi diventano l’unico e solo intervento. Quali sono i servizi di prossimità? In cosa possono consistere? La parola prevenzione raccoglie tutto e niente. E spesso si riduce solo a parole e a eventi.

 

 

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