Socrate contro gli ignoranti. “Eh, mo’ mi devo mettere a studiare!”

CULTURA

Socrate dava fastidio, faceva domande, era un rompiscatole. Santippe (la moglie) non lo sopportava. Amava il mercato, l’osteria, le strade. A lui non piaceva la folla. Parlava alle persone che aveva di fronte e le domande riguardavano la vita quotidiana: se il salario è quello giusto… se è dovere di chi governa riparare le buche nelle strade… “E tu che pensi?”-  Gli chiedeva qualcuno. “Io aiuto a far riflettere, a partorire la verità”. Aveva imparato dalla madre, che era levatrice. Il padre gli aveva insegnato il mestiere di scalpellino. Ma non lo esercitava. Era un provocatore. Mite, ma fastidioso. “Conosci te stesso”, ripeteva a tutti. Non si rivolgeva solo a chi esercitava attività politica, ma a tutti. Qui si sarebbe messo davanti al municipio e avrebbe fatto molte singole domande. Perché non cammini a piedi? Perché la città è sporca? Ma domande altrettanto fastidiose avrebbe posto ai cittadini incontrati per il corso e sul lungomare.

Chiesero all’Oracolo di Delfi: “Chi è, nel mondo, il più sapiente?” E l’Oracolo rispose Socrate. Molti (anche Socrate stesso) si meravigliarono. Come poteva essere il più sapiente colui che diceva: “io so di non sapere?” Poi capì. La consapevolezza dei limiti, la non assolutezza del proprio sapere è l’unica vera sapienza. Ma allora non c’è bisogno di essere competenti?

La società è oggi complessa e ci vogliono conoscenze specifiche. Ci sono architetti e ingegneri che propongono soluzioni urbanistiche alle quali gli amministratori pubblici non potrebbero pensarci; avvocati, economisti, consulenti che sono esperti di nuove strategie di sviluppo; dirigenti sanitari e medici che percorrono innovative forme di gestione della salute. E’ il sapere dei tecnici, di cui non si può fare a meno. Chi governa è tenuto a conoscerlo?

Chi governa deve avere altre competenze, quelle che derivano dall’esperienza, da un percorso di rappresentanza politica, dallo studio, deve saper ascoltare, mettere insieme i vari soggetti, creare fiducia, accettare le critiche… Chi governa deve saper cercare le risposte, pensare alla comunità, avere passione. Il problema (e il pericolo) per Socrate è uno solo. Coloro che agiscono con la presunzione di sapere. I ciucci presuntuosi. E costoro lui vuole mettere in difficoltà. Costringerli a pensare alla loro ignoranza.

Subito dopo l’Unità d’Italia per amministrare occorreva saper leggere, scrivere e far di conto. Oggi è importante che chi amministra sia laureato o diplomato… Ma ancor più se ha fatto esperienze di lavoro… se ha curiosità, interessi, se è consapevole dei propri limiti e della responsabilità del ruolo che ricopre, se ha immaginazione…

Dopo Mani pulite, nel timido rinnovamento che ne seguì, i candidati scrivevano qualcosa su volantini e manifesti. Gli studi, gli interessi, i libri, i film… C’era chi diceva che amava Tex e chi Diabolik… Poi sono subentrati quelli che “ci mettono la faccia”. Alle elezioni candidati sindaci e candidati consiglieri mostrano evidenti lacune. Non conoscono il bilancio, Piano urbanistico, Piano sociale di zona… Hanno un’idea dei servizi come trenta anni fa. Questa ignoranza può starci. E poi? Una volta eletti acquisiscono le competenze? Meritano quel ruolo? Un  assessore(a), ai funzionari comunali che gli presentano i fascicoli che fanno il punto sulle varie questioni del settore, risponde: “Allora, vuol dire che mi devo mettere a studiare?”.

Socrate insegnava la critica, educava (fu il primo) alla cittadinanza attiva. Fu imprigionato come corruttore dei giovani, accusato di eresia, condannato a bere la cicuta. La sua morte è uno degli eventi più importanti della storia umana.

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