Europa! Europa! La generazione Erasmus forse non esiste, ma i giovani si sentono europei

CULTURA

Un mese fa la morte di Antonio Megalizzi. Ha sorpreso tutti il giovane di Trento. Ha sorpreso per il lavoro che faceva, con abnegazione ed entusiasmo, per le idee che esprimeva con convinzione, generosità e allegria. Un mondo che non trova spazio nei dibattiti televisivi.

Vogliamo essere legati al nostro Paese e all’Europa e non vorremmo essere costretti a scegliere. E’ per noi impossibile immaginare un’Italia senza l’Europa… L’Europa va cambiata, certo. Ma per molti è l’alibi. Distolgono l’attenzione dalle responsabilità e le proiettano su altri. Una politica inadeguata accusa Bruxelles e i social vanno a ruota…Tutti noi siamo, facciamo parte di una generazione precaria, costretti alla fuga dall’Italia in cerca di un futuro migliore. Tutti noi siamo obbligati a lottare e andare, e non vogliamo rinunciare a questa enorme opportunità che è l’Europa”. Sono parole di Antonio Megalizzi, ma possono essere pronunciate da centinaia e migliaia di giovani, soprattutto meridionali, che vivono a Londra, Parigi, Berlino…

Distratti da tante parole, dai sentimenti aggressivi nei confronti dell’Europa, non ci siamo accorti della generazione Erasmus e di migliaia di ragazzi che da tutta l’Europa si spostano in altre parti d’Europa.

Mi aspettavo che, dopo l’uccisione del cronista trentino e quelle sue parole dissonanti dal comune sentire, qualcosa cambiasse, che se ne parlasse, che qualcuno cominciasse a esplorare quel mondo. Invece la comunicazione e il dibattito pubblico sono lanciati in ripide discese, che nessuno riesce a fermare. Ora continuano a far notizia esclusiva i gilet gialli (in Francia si spostano tutti i cronisti), mentre nel Regno Unito scarsa è l’attenzione per il movimento anti Brexit, eppure sfilano centinaia di migliaia di giovani, si manifesta quotidianamente…

Generazione Erasmus è una espressione impegnativa. Secondo la Treccani è “generazione” l’insieme di uomini e donne nati più o meno ogni 25 anni. Per fare una generazione ci vogliono milioni di persone e servono caratteristiche comuni e comportamenti comuni. Al progetto Erasmus, che coinvolge i giovani tra i 19 e i 26 anni, hanno partecipato dal 1987 fino ad oggi oltre 9 milioni di persone. Tanti, ma sono solo il 2% della popolazione giovanile europea. L’Erasmus rimane estraneo a molti. Nonostante questo però le analisi e tutti i sondaggi mostrano che tra i 15 e i 24 anni tendono a fidarsi dell’Unione europea e a condividerne gli orientamenti una percentuale tra il 52 e il 60% a seconda dei vari paesi. Ci troviamo di fronte a una generazione genuinamente europeista?  Allo stesso tempo oltre il 60% pensano che i nuovi partiti e i movimenti siano in grado di trovare soluzioni migliori per i nostri tempi.

Alla domanda: ti senti europeo? Il 70% dice sì, e tra i più giovani il dato è ancora più alto. E se si chiede, che cosa vuol dire Europa? “La possibilità di spostarsi, viaggiare, avere nuove opportunità“, rispondono. Non sono di destra e sono indifferenti a una sinistra timida e impacciata, sono europeisti ma aperti al cambiamento.

La stessa situazione in tutti i paesi europei. La maggioranza di coloro che vivranno nei prossimi decenni e che nel 2030 – 2040 avranno 30 – 40 anni, desiderano vivere nel continente Europa.

Soprattutto nel Regno Unito, dove Grillo è corso a dire che non è democratico votare per un secondo referendum. Ha detto questo in un paese nel quale, parafrasando Churcill, si ritiene che la democrazia sia il peggior sistema di governo, però è l’unico che possa essere corretto. Se si è “sbagliato” una volta (magari qualcuno ha fatto false promesse?), cosa c’è di errato a riprovare? E’ strana la memoria. Ma non erano Grillo, Di Maio e i 5 stelle a dire per l’intera passata legislatura che bisognava andare a votare perché la situazione era completamente mutata?

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