Quello che la Cina ha compreso. E noi non ancora. 

CULTURA

Della via della seta se ne parla da anni. Il Sud è fuori e lo si sa da tempo. Xi Jinping e Conte hanno confermato che la Cina investirà solo nei porti di Genova e Trieste.

Il presidente Xi Jinping venne in Italia all’epoca del governo Renzi per inaugurare un centro per l’innovazione in Sardegna. Il presidente Mattarella in visita in Cina dal 21 al 26 febbraio del 2017, tenne un discorso importante agli studenti dell’Università Fudan di Shanghai sulle “Nuove vie della seta”. Esaltò l’esperienza dell’Unione europea, la positività degli scambi economici e commerciali e la necessità di affrontare insieme le sfide epocali che ci troviamo di fronte. Un intervento pieno di speranza nel futuro, con l’auspicio che il legame storico e consolidato tra Roma e Pechino potesse fare un salto di qualità.

Il nuovo governo italiano ha avuto contatti intensi con la Cina: Tria ad agosto dello scorso anno andò per discutere di problemi finanziari, poi Di Maio a settembre proprio per il memorandum sulla via della seta. Nel novembre successivo mezzo governo era a Shanghai per l’esposizione internazionale delle importazioni dalla Cina. Di Maio tornato da Pechino sbandierò solo il biglietto del viaggio effettuato in economy (aerei di linea), solo questo a lui interessava. Ed ha dimenticato di fare una comunicazione al Parlamento italiano, di parlarne con l’Europa nella detestata Bruxelles e di esporre le intenzioni italiane a Washington. Pensa solo a essere il primo, l’unico.

Per governare bisogna conoscere il passato e immaginare il futuro. La geografia e la storia ci dicono quello che l’Italia potrebbe essere, ci parlano della centralità della penisola. E’ sufficiente guardare una carta del Mediterraneo e la posizione dell’Italia (e del Sud) per comprendere che di questo mare chiuso l’Italia è il perno; eppure non sappiamo raccogliere la sfida di questa straordinaria opportunità, che fu colta nel passato. Infatti, con le repubbliche marinare e in particolare con Genova e Venezia si affermarono due potenze marittime di spessore globale. Venezia si aprì attraverso il Mediterraneo orientale le vie dell’Asia, e inventò quelle rotte che la Cina di Xi Jinping promuove oggi con il marchio delle “nuove vie della seta”.

Il Mediterraneo è visto da Pechino quale sbocco occidentale di nuove rotte commerciali, nell’ambito di una strategia mondiale che vede Asia – Africa – Europa, tre continenti in una rete di relazioni. La Cina vede l’Italia come partner economico e vicino ai Paesi del Nord Europa. Il Mediterraneo torna ad essere un posto centrale per nuovi investimenti, rotte, vie. Già oggi il volume di merci che attraversano il canale di Suez è più che raddoppiato rispetto al 2001. In tutto il mondo il 90% dei traffici avviene sul mare. Solo noi non ce ne accorgiamo: una miopia italiana che non riesce a trasformare la vocazione mercantile in un ruolo strategico.

Il governo cinese ha già investito nel porto greco Il Pireo (perno importante di flussi commerciali), che sarà collegato per via ferroviaria attraverso i Balcani all’Europa centrale.

Il Sud è fuori. Eppure da anni la Cina ha cercato di prendere contatti con i porti meridionali. “Noi abbiamo respinto al mittente le proposte di investimento cinesi” scrive sull’ultimo numero la rivista Limes. Nel Sud sono già cominciati i lamenti per questa esclusione, eppure, prima che la via della seta fosse lanciata nel 2013,  “a Taranto i messi di Pechino non sono stati nemmeno ricevuti dal Sindaco, a Napoli li ha respinti la camorra, a Gioia Tauro la ‘ndrangheta ha allestito uno pseudo sindacato con tanto di bandiere rosse che ha sbarrato la strada allo shipping cinese(Limes).

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