Rosso Adriatico, giallo Catalano. E tutto cominciò con Caino…

CULTURA

Il primo delitto della storia. Caino fa le cose per bene, uccide Abele e lo fa sparire.

Non calcola, però, che l’investigatore ha poteri eccezionali. Conosce l’animo degli uomini. L’assassino è subito scoperto, punito, condannato a vivere. E noi chiamiamo “narratore – Dio” lo scrittore onnisciente che sa tutto dei suoi personaggi, anche la vita pregressa, le motivazioni profonde.

Lunedì (a Manfredonia) e martedì (a Monte S. Angelo), due serate in giallo con Ettore Catalano. Professore dell’Ateneo barese e del Salento di Letteratura italiana, tanti docenti di lettere si sono formati con lui, autore di libri significativi di critica letteraria e civile, indagatore delle radici profonde della cultura meridionale, e pugliese in particolare.

Che ci fa Catalano con il giallo? Questa la domanda che mi hanno rivolto in questi giorni. Forse un omaggio al genere? E ce n’era bisogno? Dopo Chesterton che ha paragonato il poliziotto che si muove nelle vie londinesi a un eroe epico? E dopo quello che hanno scritto Brecht, Bloch, Benjamin, Borges, Gramsci, Durenmatt, Gadda e altri?

Il romanzo poliziesco è riconoscibile per tre aspetti: un delitto misterioso; l’indagine; la conclusione, che è anche la soluzione dell’enigma. Del romanzo poliziesco conosciamo l’origine e poi l’evoluzione. Nasce a metà Ottocento con Edgar Poe e poi con Conan Doyle in Inghilterra, un successo straordinario. Complici due fenomeni enormi: il positivismo e la scienza (con i suoi eccessi) e la metropoli con le sue masse. Si riteneva che tutto potesse essere spiegato (anche il vizio e la virtù) e il “giallo” si muove tra logica ferrea, deduzione, esaltazione del metodo scientifico. Detective eccentrici di intelligenza superiore si ergono da soli contro il disordine e il caos dei criminali.

Poi il genere si è evoluto, con infinite varianti, è divenuto realista, problematico, psicologico, anche gioco intellettuale. Ma è dopo il secondo conflitto mondiale, negli anni sessanta, che qualcosa si rompe: la società appare incancrenita, la delinquenza organizzata invadente, la politica marcia… Il crimine diventa un tema per comprendere il mondo: lo troviamo nei libri gialli e in quelli che non lo sono.

Catalano scrive un giallo vero, ma con tratti di notevole originalità. Cominciamo dall’investigatore. Donato Tanzarella si muove “con tenacia e pazienza, astuzia e tecnica appropriata”. Ha buone letture, che lo aiutano a stabilire la giusta distanza e la giusta vicinanza con le cose. Ama la sua terra, la cucina, le donne. Partecipa a quello che avviene nel territorio (lo faceva anche quando si trovava a Torino), ha relazioni normali, non rifiuta un invito a cena o una gita in barca. E’ un cittadino che fa il commissario. Non ha bisogno per emergere di abbassare gli altri. Ha un buon rapporto con i suoi colleghi, cui affida compiti importanti, e con la magistratura. Non è un supereroe, e ne è consapevole, come è consapevole che esiste il caso. Lui, però, lo sa riconoscere e utilizzare.

L’indagine apre scenari inquietanti: il mondo degli immigrati criminali, collegati con criminali italiani, del Salento, del barese. Ma poi si scopre un’altra realtà: la complicità del mondo sanitario, pubblico e privato. Malasanità? No. Gli interventi riescono bene. E’ la criminalità del traffico degli organi, dove scivolano lentamente, inesorabilmente, anche figure integerrime del mondo accademico. Si aprono squarci inafferrabili, abissi da cui emergono mostri indicibili. Vi sono persone che hanno perseguito una “perfezione” professionale e morale, aperte all’umana solidarietà, ma, se sono colpite dalla sofferenza e dal dolore in forme che ritengono ingiuste, la disponibilità verso il mondo può trasformarsi in rifiuto, chiusura, risentimento. L’odio e Il rancore diventano una forma di interpretazione del mondo. Mister Hyde e Caino affiorano in un mondo disgregato che non riesce a tenerli a freno. La soluzione c’è ma è parziale e incerta e la conclusione pone domande e interrogativi. Un libro utile e necessario che racconta uno straordinario e perverso atto d’amore e mostra che è possibile salvarsi con il coraggio, l’intelligenza, l’autoironia.

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