Autonomia del Nord. Il prezzo della permanenza nello Stato unitario (e di sopportarci)

CULTURA

Sarà la questione centrale dei prossimi mesi. Le regioni del Nord stabiliscono il prezzo e le condizioni per stare in Italia.

Il nuovo presidente della regione Piemonte, Alberto Cirio, ha spiegato che la sua vittoria è dovuta al ritardo e all’incertezza di Chiamparino sull’autonomia. “Mentre Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna andavano a Roma a contrattare con il governo Gentiloni il prezzo del loro stare in Italia, il Piemonte era fermo. Noi riavvieremo tutto, ci metteremo a correre”. Più chiaro di così! O ci date l’autonomia o ce ne andiamo. Molte funzioni (istruzione, infrastrutture, ambiente, beni culturali e quel po’ di sanità non decentrata) potrebbero passare alle Regioni riportate sopra, che si finanzieranno trattenendo una parte delle imposte riscosse sul territorio.

Lo Stato spende nelle tre Regioni 71,5 miliardi per i servizi essenziali, le nuove competenze valgono 21,5 miliardi, di cui solo metà per la scuola. Poi forse, in nome del principio di solidarietà sancito dalla Costituzione, lo Stato interverrà nelle altre regioni per impedire che restino troppo indietro. E la spesa? Si vedrà. Uno strano Stato unitario nel quale la salute fisica e “la cura della mente” saranno differenziate. L’unità culturale dell’Italia è stata ottenuta faticosamente dopo il 1860: “L’Italia è fatta, ora bisogna fare gli italiani”, sentenziava Massimo D’Azeglio. Tra i primi provvedimenti ci fu quello di rendere “I promessi Sposi” obbligatorio in tutte le scuole della penisola per fornire agli italiani un modello linguistico. Ed ancora: graduatorie uniche nazionali per i docenti, per cui Giovanni Pascoli insegnò (1882-1884) a Matera. Oggi gli unici parametri sono economici. Il fatto che la Pubblica Istruzione, da nazionale diventi regionale, sembra non importarci granché.

E il Sud? Reazioni in ordine sparso. Il governatore Emiliano ha detto di comprendere le ragioni del Nord, che non può continuare a “mantenere” il Sud! Qualche altro governatore pensa di chiedere l’autonomia per la propria regione. C’è stata inoltre una “grande” petizione firmata da tutti: esponenti di maggioranza e opposizione, federalisti e neoborbonici… In essa si dice che l’autonomia differenziata accentuerà il distacco e che il Nord con infrastrutture sociali ed economiche e governi territoriali più efficienti correrà più veloce. Non potrebbe, quindi, essere questo il momento per chiedersi come mai lì c’è più efficienza? L’Autonomia è sostenuta senza entusiasmo anche da studiosi e ricercatori, che la considerano necessaria per dare una scossa alle Regioni del Sud perché si sveglino. Non è l’occasione buona per parlare dei governi del Sud abituati a basare il consenso sulla distribuzione particolaristica delle risorse e poco propensi a favorire trasparenza e concorrenza, ed anche a contrastare forme di economia criminale?

A Manfredonia, in Capitanata, nel Sud il quadro è fosco: economia criminale (in Puglia 133 clan in 113 città), corruzione e clientelismo, assenza di una borghesia civile, territori carenti di organi di informazione… E il Nord? Deve fare i conti con corruzione e penetrazione della criminalità, ma lì ci sono anticorpi fatti di istruzione e cultura, reti civiche, un senso più forte delle regole, burocrazia più competente.  

Si ripetono stancamente le cause del fallimento del Sud: ritardo culturale, assenza di spirito pubblico, scarsa cooperazione… Alle molte diagnosi segue un generico “Rimbocchiamoci le maniche”. Il capitale sociale è la scatola nera dello sviluppo, ma la strada è lunga. Lo sviluppo dal basso richiede senso civico, formazione e scuole, partecipazione e legalità… E la necessità di un nuovo ruolo dello Stato, un rinnovamento profondo del ceto politico, una nuova cultura imprenditoriale e delle professioni. Ed è qui il dramma. 300.000 laureati sono andati via negli ultimi anni. Energie fresche e disposte al cambiamento.

Autonomia differenziata per impedire la secessione e invece la favorisce. Una Italia a due velocità è inevitabile in una Europa a due velocità, in un mondo che corre.

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