Ecco arriva “lo sceicco bianco”, con la sua valigia dei sogni.

CULTURA

Nel salone della parrocchia S. Francesco la proiezione iniziava alle ore 16, ed era seguita dal dibattito.

Monte S. Angelo aveva due ampie sale cinematografiche, come Manfredonia, che poi in estate viveva l’incantesimo del cinema all’aperto. Il fascino del cineforum agli inizi degli anni settanta a Monte S. Angelo e altrove era molto vivo. Quell’anno (1974) si votava per il divorzio e ci furono due cicli di film: uno sulla donna e l’altro sul Mezzogiorno. C’era la tessera e il salone (120 posti) era sempre gremito. Giovani soprattutto.

Lo sceicco bianco di Fellini racconta il viaggio di nozze a Roma di Wanda e Ivan, sposi del Sud. A Roma vivono i parenti di lui, che hanno organizzato la visita a S. Pietro e la partecipazione all’udienza del Papa. Ivan, meticoloso e preciso, fa il programma delle cose da vedere… A Wanda interessa altro: approfitta del “riposino” pomeridiano del marito, si allontana dall’albergo e in cinque minuti a piedi è alla redazione del suo fotoromanzo preferito: Lo sceicco bianco. Lì la “troupe” la trascina a Fregene, dove si svolgono alcune scene. Wanda lo vede su un’altalena (un Alberto Sordi alla prima prova importante). Altro che l’eroe romantico e appassionato, lo sceicco bianco è un fanfarone, cialtrone, approfittatore… Wanda delusa, sconfortata e disperata, solo a sera trova qualcuno che l’accompagna a Roma, dove Ivan la cerca tutta la notte.

Al centro del film il mondo dei fotoromanzi. Si leggevano e si vendevano molto nell’Italia del dopoguerra. “Sogno” uno dei più diffusi superava un milione di copie. E’ l’epoca del neorealismo e tutti (leggendo la trama) si aspettavano una critica a quel falso mondo fantastico, un richiamo all’impegno, a fare i conti con la realtà. Fellini, invece, fin da quel primo film affronta i temi dell’amore, dell’evasione, del sogno.

Quella sera il dibattito fu molto vivace e finì tardi, non si parlò di neorealismo e impegno, ma di Wanda. “In fondo il personaggio più interessante è lei”. “Il marito? Ma è così noioso e pesante…”. “Forse continuerà a leggere i fotoromanzi e a sognare” “Chissà! Cercherà, comunque, di mantenere nella quotidianità una dimensione creativa e fantastica”. Nel dibattito molte ragazze si raccontarono, parlarono dei loro sogni e del desiderio di andare via, senza ascoltare il richiamo degli adulti presenti a restare, “per trasformare la realtà”.

 Il film è del 1952 e fece fiasco. Un fiasco totale, di pubblico e di critica. Non guadagnò niente. Non fu un buon viatico per attori e regista, ma poi per fortuna l’anno dopo arrivò “I vitelloni“.

Ci voleva coraggio a sostituire gli argomenti di quegli anni (ricostruzione, disoccupazione… neorealismo appunto) con il fumetto, i fotoromanzi, le peripezie tragicomiche di una coppietta. Ai funerali di Fellini nel 1993 Ettore Scola disse che “era morto il più politico dei registi italiani”. Un’affermazione strana per un regista di film che sono visti come la quintessenza del sogno e della fuga dalla realtà. Scola aveva ragione. Occorre intendersi sulla “politica”. Fellini poneva problemi, non indicava soluzioni, non  tratteggiava personaggi positivi, “concreti”. Ancora oggi, è un regista di cui tutti parlano, ma pochi hanno visto i suoi film. La dolce vita, i vitelloni… parole entrate nel vocabolario; felliniano è un aggettivo che indica certe atmosfere, immagini femminili. Pochi sanno che la maggiore rivista femminile di quegli anni, Effe, lo qualificò nel 1973 come antifemminista, lui che aveva girato La strada, Giulietta degli spiriti…E’ vero, non ci dà ritratti di donne impegnate a definire la propria identità, ma rievoca immagini profonde, molteplici, un clima culturale. In Amarcord ci mostra il “fascismo”, non, però, con analisi politiche e sociali, ma ricostruisce la mentalità, il quotidiano essere fascista (parolaio, vanesio, dai toni assertivi e imperiosi, vagamente razzista). Fellini non giudica e non accusa. Si mette lui stesso in gioco.

A Manfredonia, un professore del liceo vuole fare rivivere ai suoi alunni il “cineforum”, ha fatto quell’esperienza da studente e la ricorda con nostalgia. Un politico di Manfredonia mi dice: “Fellini l’ho scoperto a cinquant’anni. Sarebbe bello organizzare un cineforum. Perché poi il cinema in riva al mare è stato sospeso? Non costava nulla!”.

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