Coronavirus. E’ questa la scienza (umana e incerta), che lotta insieme a noi.

CULTURA

Noi impariamo dai disastri, dalle sconfitte, dalle domande nuove che la natura, la realtà ci pone di fronte.

L’interesse per il corpo umano, per la cura delle malattie è sempre stato vivo e forte. La dissezione dei cadaveri costituì il principale fondamento delle conoscenze mediche e l’interesse era concentrato sul funzionamento degli organi e su come si alteravano durante lo sviluppo delle malattie. Poi con la nascita della microbiologia l’attenzione è stata portata sull’agente infettivo e il suo rapporto con l’ospite (come si introduce nel corpo, si sviluppa, si trasmette agli altri). Negli ultimi decenni il campo si allarga e nascono nuovi problemi con gli sviluppi dell’epidemiologia delle malattie degenerative.

Tutte le grandi e antiche narrazioni ci parlano di contagi, peste… con il ricorso a spiegazioni magiche, astrali, castighi divini, untori… La peste sconvolgeva tutto. Cambiava la storia. Ancora oggi una delle maggiori paure dell’umanità è il timore di una pandemia, scatenata da un virus mutante.

Di fronte al Coronavirus si va per “congetture e confutazioni”, “sensate esperienze e certe dimostrazioni”. E’ il metodo galileiano: osservare, riflettere (formulare ipotesi), sperimentare. Il dibattito che si sviluppa è vivace, utile, attraversato anche da polemiche. E man mano, giorno per giorno, si diradano alcune cose e restano coperte altre. Ci sono cose certe, altre probabili e altre ancora incerte. Gli scienziati dicono che i virus non sono esseri viventi veri e propri, ma sono “intelligenti”, vogliono vivere e per farlo si attaccano a una cellula umana, e così si diffondono.

Oggi vediamo dall’interno come si muove la ricerca: scienziati che alternano certezze e dubbi, ascoltano, verificano, si muovono anch’essi in un territorio in parte inesplorato. La scienza è tale perché dà garanzia della propria validità. Non ha la pretesa di assolutezza (come a fine Ottocento), si mette in discussione, è aperta a nuove verifiche. Affronta il contagio con i farmaci che già abbiamo, attraverso prove ed esperimenti, tra Milano, Napoli, Roma, Cina… Si lotta per impedire al virus di riprodursi e per ridurre l’infiammazione polmonare. Si prova anche ad usare il sangue di coloro che sono guariti per aiutare coloro che sono infetti. In attesa del vaccino.

Quello che stiamo vivendo è un tempo drammatico, ma può offrire un’occasione nuova, straordinaria, importante per un apprendimento collettivo. Possiamo vedere dal vivo come si fa ricerca. Un laboratorio a cielo aperto, consentito dai mezzi comunicazione. Impariamo che contano le competenze, l’esperienza passata, gli studi fatti, le storie di altre epidemie, e conta il pensiero creativo, la curiosità, tenere sempre aperta la mente, inseguendo agenti imprevedibili. Una scienza pronta a rendere pubblici i risultati, che rifiuta la segretezza, non si rivolge ad adepti o eletti, ma a tutti. Non esistono contenuti che non possono essere esposti in modo chiaro e accessibile a tutti. Una scienza umile che ha bisogno dell’aiuto, delle domande, della collaborazione, della fiducia di tutti. E noi? L’impegno ad usare buone pratiche… Comprendere che ci sono comportamenti quotidiani negativi che possono avere un effetto devastante. Una persona da noi contagiata, una “positività” segnalata in ritardo… possono provocare una frana.

Qui, sul pianerottolo, una frequenza normale di persone, come se nulla fosse cambiato… Lo si dice, lo si fa notare… “Ma ora basta… e che… il fidanzato di mia figlia non può venire?… Quella venuta prima è una mia amica, la conosco da una vita… Sta a vedere che non posso andare a trovare mia madre?…”. Toni accesi… “Sentite… Io non ho paura che voi mi passiate il virus… Ho io i sintomi e forse ho il coronavirus. Ho prenotato per fare il tampone e ho timore per voi”. Silenzio, paura e la discussione si spegne. L’autoaccusa è servita? Forse i vicini sono solo diventati più accorti. Il racconto è vero, solo la storia del tampone non lo è.

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