Il racconto. “Ai tempi del coronavirus. Un grave caso di astinenza religiosa”

CULTURA

Aveva chiuso la portiera e messo in moto. Gesù. Era impossibile da credere, eppure 2000 anni dopo la sua morte, il colpevole era lui. Doveva crederci? Il commissario era stato categorico.

Era uscito con una scusa. Aveva il disinfettante antibatterico nella tasca della giacca, la mascherina e i guanti di lana, gli unici che possedeva. Fuori dal finestrino il sole splendeva rumoroso in cielo. Avrebbe avuto bisogno dell’autocertificazione? Aveva spinto sull’acceleratore. Come se arrivare prima al commissariato avesse allontanato la possibilità del contagio. La strada era deserta. Dopo qualche centinaio di metri, complice una brusca frenata, per evitare di colpire un altro solitario automobilista, aveva ripreso a guidare con la necessaria prudenza. Una volante della polizia, alle sue spalle, lampeggiò e lui accostò al bordo  della strada.

“Mi può mostrare l’autocertificazione e spiegarmi dove si sta recando?” Chiese l’agente all’apertura del finestrino. Si teneva a debita distanza e aveva il volto coperto da una mascherina. “In verità, al momento, non ho l’autocertificazione… ” “Lo sa che questa è un’infrazione? Le costerà un’ammenda… E non sarà solo una sanzione amministrativa…” “Mi spiace ma, con tutte queste regole, non sapevo se ne avessi avuto bisogno o meno…” “Perché? Lei ha sempre bisogno dell’autocertificazione quando esce di casa.” “Guardi, signor agente, è abbastanza imbarazzante ciò che sto per dirle, perché mi sto recando in commissariato. E siccome sto andando là…” “Appunto per quello, aveva bisogno dell’autocertificazione.” “Ma io sono stato convocato dal commissario, con urgenza.” “E per quale ragione? È per caso un consulente?” “No, diciamo problemi familiari…” “Suo figlio? Non lo dica a me. Ieri sono andato a prendere il mio, mentre giocava a calcio con gli amici. Vada, vada e se succede ancora, si ricordi di portare l’autocertificazione…” “Grazie e buona giornata.”

Chiuse il finestrino e ripartì verso gli uffici della polizia. Per la prima volta in quella zona della città riuscì a parcheggiare senza problema. Sul cancello vi erano degli agenti. Non sapeva se avvicinarsi o attendere che si muovessero. Si avvicinò cercando di fare rumore. Quando era a circa cinque metri uno degli agenti gli urlò qualcosa. Anche loro avevano il volto coperto.

“Che cosa fa qui?” “Devo vedere il commissario!” “Per quale ragione?” “In verità mi ha convocato lui.”

Il commissario, invece di farlo accedere nel suo ufficio, lo incontrò all’esterno. I due si disposero a qualche metro di distanza.

“Mi spiace signor…” “Calogero…” “Mi dispiace signor Calogero, ma l’accusa è molto seria. Siamo di fronte ad una adunata, sediziosa, premeditata. E al momento le pene potrebbero essere cospicue. Visti i tempi che ci troviamo a vivere.” “Ma possibile?” “Guardi, hanno confermato tutto. Anzi è stato grazie alla segnalazione di sua moglie se siamo riusciti a fermarli prima che accadesse l’irreparabile.” “Non discuto affatto e credo che quello che hanno fatto sia assolutamente censurabile, eppure sembrano così innocenti.” “In base a quel che hanno anche detto, perché non hanno nemmeno voluto attendere l’arrivo dell’avvocato per confessare, stavano preparando l’azione da qualche giorno.” “Mi sembra impossibile, e pensare che si comporta sempre in maniera così responsabile, anche quando le lasciamo i bambini piccoli…” “Più che impossibile, pare che fosse lei l’organizzatrice.” “Non posso crederci!” “Guardi, non le faccio sentire la registrazione che ci ha rilasciato, solo per evitare che lei vada dentro e le faccia una scenata.” “Ma come è potuto succedere? E perché mia moglie non mi ha detto nulla?” “Sua moglie non le ha detto nulla perché lei non le avrebbe creduto e ha preferito informare noi.” “Ma io ancora…” “Guardi. La storia è cominciata due giorni fa. La Biancofiore ha contattato il La Torre, l’unico che aveva la patente e che poteva portare a buon fine questa bizzarra iniziativa. E insieme al La Torre hanno pianificato il resto.” “Mi sembra di vivere in un incubo…” “Sarebbe meglio ci credesse… Ma lei sa almeno che sua madre ha un account Facebook?” “Certo, siamo anche amici.” “Bene. Allora sua madre, la signora Biancofiore, mi ha confidato che non ha più la patente. Non ha superato il test per l’ultimo rinnovo. Ecco perché mi ha detto di aver contattato il La Torre. Vecchio autista dello scuolabus e della parrocchia. Ma abbiamo un dubbio, a questo punto…” “Quale dubbio?” “La signora…” “Mia madre?” “Sì, sua madre, non vuole dirci se ha organizzato tutto insieme al La Torre, o c’era anche qualcun altro nel direttivo…” “Perché, non avete preso solo loro due?” “Abbiamo fermato quattro pulmini…” “Quattro pulmini?” “Trentadue persone, di età compresa tra i settantasei e gli ottantotto anni.” “Ma siete sicuri che sia mia madre l’ideatrice?” “Guardi, è lei che ci ha confidato di avere consigliato alle altre trentuno persone, coinvolte nell’inchiesta, di indossare vestiti più pesanti, perché malgrado la giornata di sole, su, al santuario, la temperatura sarebbe stata più bassa.” “Non potrebbe essere stato un semplice consiglio?” “L’organizzazione che sua madre aveva dato al gruppo era di stampo paramilitare. Le vecchie…” “Commissario, sta parlando di mia madre e delle amiche di mia madre.” “Mi scusi! Mi scusi, davvero. Le signore e i signori coinvolti si erano stesi sul pavimento del pulmino. Il piano prevedeva di sedersi sui normali sedili solo dopo la sosta al bar, tabacchi e ristorante, dove finisce il rettilineo. Per evitare che le forze dell’ordine si insospettissero, vedendo un pulmino ricolmo di gente, e per scongiurare che alcuni dei rivoltosi soffrissero le curve che portano al santuario, durante il viaggio. Noi li abbiamo intercettati lì, dopo essersi sgranchiti le gambe, pronti a riprendere l’azione sediziosa.” “Ma perché parla di metodi paramilitari?” “I quattro pulmini viaggiavano a dodici minuti di distanza l’uno dall’altro, il tempo che serviva per cambiare posizione. Avevano organizzato un sistema di segnalazione che, per fortuna, siamo, forse, riusciti a sgominare. Ma non siamo sicuri di avere intercettato tutti i pulmini.” “Ma vi hanno spiegato i motivi del gesto insurrezionale?” “Per Gesù, gliel’avevo detto al telefono. Lo psicologo consulente della polizia l’ha chiamata ‘crisi di astinenza religiosa’. Da quando la quarantena è cominciata, il loro bisogno, nella chat (chiamata ‘la vita eterna’), era cresciuto a dismisura. Era un bisogno incolmabile. L’astinenza è cresciuta in seguito alla sospensione delle funzioni religiose.” “E quello che mandano per televisione?” “Quello non bastava. C’era il bisogno di ‘scambiarsi i segni di pace’ e del resto della ritualità. Non appena sua madre è venuta a conoscenza della piccola processione che si sarebbe svolta all’interno della chiesa dei frati cappuccini, per spostare il Cristo, che aveva fatto il miracolo durante la carestia del 1737, vicino alla salma del santo, hanno messo in moto i propri canali e hanno deciso di parteciparvi.” “Commissario, ma adesso cosa rischia mia madre?” “Guardi potremmo imputarle l’epidemia colposa e la tentata strage, ma la signora, ad ottantadue anni non ha paura di nulla e quindi, perderemmo tempo. Non potremo nemmeno incarcerarla e ingolferemmo le aule di giustizia di questo paese, senza nemmeno arrivare a un verdetto, prima della morte della vecchia.” “Commissario! Sta sempre parlando di mia madre.” “Mi scusi! Mi sono lasciato prendere dalla rabbia.” “E quindi? Come intendete procedere?” “Parlando con la signora, mi sono reso conto di una cosa. Ma bisogna prepararla per bene e abbiamo bisogno della collaborazione dei parenti. Dei parenti delle trentadue persone indagate.” “Per quale motivo?” “Per evitare che questi scriteriati, possano pensare di rifarlo in futuro. Bisogna tenere questi folli a casa ed evitare che se ne vadano in giro ad infettare la gente perché devono pregare il loro Gesù.” “E cosa possiamo fare noi parenti? Non possiamo sedarli, o impedire loro di pregare e di credere in quello che vogliono.” “Non mi verrebbe nemmeno in mente di fare una cosa del genere. Bisogna ideare qualcosa di diverso…” “Non penserà a una soluzione drastica?” “Affatto. Bisogna solo fare in modo che…”

Il commissario si guardò attorno, con fare guardingo, come se dovesse mettere in atto una cospirazione. Mosse una mano come a chiedere che Calogero gli si avvicinasse.

“Ma commissario, non posso avvicinarmi più di quanto già ho fatto.” “Ah sì, mi scusi… la forza dell’abitudine” “Allora?” “Be’ bisogna fargli credere che il Papa, non uno qualsiasi, il Papa, abbia intenzione di scomunicarli. Che gliene pare?”

Impresentabile – il blog di Lucio Cascavilla — Tuesday, March 31, 2020

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