Un 25 aprile strano e confuso. La pandemia è un’emergenza sanitaria, non una guerra.

CULTURA

La memoria e il ricordo della Resistenza quest’anno ricade in un momento particolare. Coerentemente con l’accostamento del coronavirus a una guerra, giunge la Liberazione.

E il 25 aprile 2020 diviene reazione a “uno stato d’assedio”, annuncio di una “nuova liberazione” e “una nuova rinascita”. “Libera nos a malo“, dice un comunicato Rai. Il male qual è?

Un intervento straordinario quello di Bush il 1 novembre 2005 al National Institutes of Healt: Come prevenire e difendersi dalle pandemie.  “La storia dice che c’è ragione per essere preoccupati. Recentemente il mondo è stato colpito da tre pandemie provocate da virus provenienti dagli uccelli. Abbiamo tre obiettivi: individuare rapidamente un’epidemia in qualunque parte del mondo; proteggere gli americani con scorte di vaccini e farmaci antivirali e migliorare la capacità di produrre rapidamente vaccini; essere pronti a fronteggiare una pandemia a tutti i livelli. In una pandemia, qualunque cosa, dalle siringhe ai letti d’ospedale, dai respiratori alle mascherine all’attrezzatura protettiva, possono scarseggiare… Un network globale di sorveglianza raccoglie già 88 paesi. Bisogna predisporre piani di emergenza e un sistema che dia la consapevolezza continua della situazione… In una pandemia i cittadini hanno bisogno di informazioni per proteggere se stessi e gli altri… un’infezione veicolata da una persona può essere trasmessa a molti e quindi ogni cittadino ha una responsabilità propria nell’interrompere la diffusione…”

Obama interviene al National Institutes of Healt nel dicembre del 2014. “E’ necessario collaborare con altri paesi per prevenire e affrontare i futuri focolai e minacce prima che diventino epidemie. Potrebbe arrivare un momento in cui si diffonderà una malattia che si trasmetterà per via aerea e che sarà letale. Per consentirci di affrontarla in modo più efficace occorre creare una infrastruttura per individuarla rapidamente e isolarla rapidamente, In modo che se arriverà tra 5 anni o un decennio, avremo fatto  l’investimento necessario e saremmo sulla buona strada. Sappiamo che in futuro continueremo ad avere problemi come questi,”

Non i tweet di Trump, non indicazioni e previsioni incerte, ma discorsi articolati e strategie su una futura emergenza. Quello che stupisce è che nessuno dei due ex presidenti americani parli mai di guerra, eppure Bush è quello delle guerre in Iraq! Parlano di prevenzione, di rischi che sono presenti tra noi. Talvolta si è usata la parola guerra per indicare in modo sintetico percorsi complessi: lotta al cancro, alla criminalità, alla droga… Ma mai si è parlato in modo così intenso ed esteso di guerra per indicare una emergenza sanitaria.

Macron (16 marzo 2020) ha ripetuto più volte: “Siamo in guerra” con un “nemico invisibile, inafferrabile, che avanza, e ciò richiede la mobilitazione generale”. La conclusione: “So, miei cari compatrioti, di poter contare su di voi”. Non così Angela Merkel (18 marzo 2020). Oltre a non pronunciare mai la parola guerra, parla “di una situazione dalla quale imparare continuamente… di consapevolezza condivisa… di tenere la distanza e trovare il modo per essere vicini e creativi”. Insomma capacità di agire “con il cuore e la ragione”. E conclude: “Abbiate cura di voi stessi e dei vostri cari”. (Gli interventi sono su Il foglio).

In Italia è un coro diffuso, un richiamo continuo a metafore belliche e a immagini collegate alla guerra (prima linea, trincea, eroi, armi, munizioni, economia di guerra, bandiere… e ci sono anche morti che nessuno reclama).

Il 25 aprile spesso ha “valorizzato in modo enfatico il lato eroico”, a discapito “dei valori morali e dei progetti per i quali uomini e donne si esposero e caddero nella lotta di liberazione”. Si può (e si deve) contestualizzare. Ed allora senza commistioni di sorta perché non richiamare la Costituzione e, alla luce del Coronavirus, discutere i temi della salute pubblica, del valore della scienza, della cooperazione, dell’europeismo…?  Perché tirar fuori Calamandrei e le strane “parole profetiche” su “un virus sconosciuto venuto a toglierci l’aria e con essa la libertà”? Il linguaggio bellico non è adeguato a descrivere quello che stiamo vivendo. E’ più facile, più emotivo, ma le epidemie non sono una guerra.

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