I pini decapitati e la cura delle periferie. Una cintura verde e bella da lasciare in eredità.

POLITICA LOCALE

A Siponto i pini stanno scomparendo. Ne ho contati almeno un centinaio tagliati negli ultimi due anni. E si continua ancora quotidianamente.

Resta un troncone massiccio che ricorda la grande pianta che fu. “E’ necessario”, si dice, “sono cresciuti male, storti, il manto stradale in alcuni tratti non è percorribile”. Tutto vero. E’ mancata, però, la potatura, la cura. Dove c’è stata, i marciapiedi e le strade non sono rovinati. E poi non vi è alcuna compensazione con altri alberi.

A Manfredonia, a Monticchio, in un piccolo “Largo”, c’erano 4 – 5 alberi di pini, terra battuta intorno, sono stati tagliati per far posto a una piazzetta assolata, una palma rinsecchita al centro, spazi per aiuole mai piantate e stradine di cemento. Tutto abbandonato. Prima nei pressi di quel luogo si sentiva il fresco, una certa familiarità, il piacere di una sosta. Ora il contrario. Una città senza verde con piccole oasi, pini sparsi, preziosi, che vivono una vita infelice, “capri espiatori” dell’incuria generale. A Foggia il taglio (e la sostituzione) di cento pini ha aperto discussioni, si sono raccolte opinioni di ricercatori sulla sofferenza delle piante, soffocate da cemento e asfalto. A Vieste è nata una polemica tra sindaco e WWF, nonostante la promessa di piantare altri alberi al posto dei pini. A Manfredonia nessuna protesta e lamentela.

Siponto, Tavernola e Borgo Mezzanone (successivamente Segezia, Gervaro, Giardinetto e Incoronata), sono borghi fascisti, nati dalla bonifica del Tavoliere. I pini e gli eucalipti sono la caratteristica, distinguibili in lontananza. Resistono con fatica. Siponto, nonostante tutto, è frequentata tutto l’anno da famiglie, anziani e disabili, e da camminatori, donne e uomini; esprimono un’esigenza di muoversi sempre più in crescita. Solo le scuole non sono sfiorate dalle opportunità offerte dall’educazione all’aperto.

Ma a Siponto c’è un’area verde, molto vasta e sconosciuta. Una pineta, lungo la fascia costiera a nord della foce del Candelaro, si estende per circa trenta ettari. Qui si trova un importante habitat in corso di formazione, le dune costiere difendono i pini, a pochi metri dal mare. Una rarità. E’ stata oggetto di cura (fondi europei) per eliminare piante cresciute impropriamente, dotata da parchi giochi e aree da picnic. Tutto saccheggiato, rovinato, abbandonato. La pineta sfiorata da incendi dolosi appiccati nelle vicinanze.

Troppe case, pochi alberi. In tutti i piani urbanistici delle città italiane, specie del Sud, il verde è rimasto sulla carta. In alcune regioni dell’Europa si inizia a parlare di ecoquartieri, si sottolinea il pericolo delle bombe d’acqua, si utilizzano progetti europei per coprire di fiori e piante balconi e terrazzi… Oggi poi ci sono gli strumenti per poter controllare il calore, l’assorbimento di anidride carbonica,

Non possiamo assumerci alcun merito dei centri storici. Li abbiamo ereditati. Né i parchi archeologici o le Stele daunie ci appartengono. Ci preoccupiamo solo per il beneficio turistico che ne potremo avere! Siamo responsabili, invece, delle periferie e sono queste che lasciamo in eredità alle generazioni future. A Manfredonia le aree intorno al Centro storico sono costituite da tante isole, difformi dallo schema originario della città disegnata da Manfredi, l’unica vera eredità lasciata dal sovrano svevo. Tra di esse ci sono spazi abbandonati, vuoti, incolti. La ricucitura di cui parla Renzo Piano è un’urgenza urbanistica, sociale e politica. Una Green belt, un impegno anche nei nuovi Comparti, dove tutto è gigantesco. Per le strade non si incontra mai nessuno. Non c’è un luogo dove sostare, fermarsi. Ma lungo gli immensi viali, le aree smisurate per i parcheggi, le rotonde immense… Immaginiamo come potrebbero divenire tra una decina d’anni, se oggi i cittadini residenti, insieme, piantassero alberi di pino! Ce n’è posto per centinaia. Per la bellezza? In greco bello (Kalos) è ciò che è bello, buono, opportuno, conveniente.

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