Gli adolescenti. Inquieti, irrequieti, incomprensibili… Sono davvero essi gli untori?

SOCIALE

Si parla di scuole elementari e di scuole superiori (soprattutto triennio). Della scuola media (e degli adolescenti), solo qualche accenno.

L’adolescenza è un’età imprecisa. Va dai 12 ai 16 anni ca. E’ la fascia che ha sofferto più nel lockdown. Dopo aver iniziato a prendere le distanze dai genitori, gli adolescenti si sono ritrovati dentro un passato di dipendenza e di controllo. Se i bambini hanno accettato le regole, come in parte pure i giovani, gli adolescenti si sono adattati di meno, e, pur senza ribellarsi, hanno trovato rifugio nella propria stanza (se l’avevano), nel garage. O nella notte…

Scena 1. Stazione ferroviaria di Manfredonia, inutilizzata nel periodo invernale. Sabato mattina. Sui binari, ragazzi e ragazze si sfidavano nell’improvvisazione rap. Due in mezzo ai binari, gli altri di fronte, contrapposti, che applaudivano, ridevano, si spingevano, si toccavano. Ho avuto timore ad avvicinarmi per non interrompere un gioco che appariva bello e divertente. Scena 2. Alcune sere prima, un gruppetto di ragazzi, raccolti e stretti… poi ad un cenno si sono dispersi, e in ordine sparso canzonavano e prendevano in giro un uomo che vive raccogliendo verdure e fichi d’india. Parole, spintoni… Con una tattica di piccola guerriglia. Quello li rincorreva e loro peggio. Qualche passante è intervenuto, ma scappavano, in tutte e direzioni. “Vigliacchi” li chiamava. Scena 3. In una pineta a Siponto. Sette otto biciclette ammucchiate nei pressi di una panchina, seduti o in piedi ragazzi e ragazze parlavano, giocavano con i cellulari. Da lontano sembravano un unico mucchio. Tutti senza mascherine. Senza paura del contatto fisico. La loro scoperta più importante.

Vivono con fastidio la scuola media, dove sono in coabitazione con le scuole elementari, e aspettano con curiosità e ansia le scuole superiori, dove si distinguono fin dai primi giorni perché chiedono l’assemblea, premono sui più grandi per scioperi o occupazione… Questo prima della pandemia.

Un’età di passaggio difficile. Lo sanno bene gli insegnanti che hanno difficoltà ad interessarli e fanno fatica a mantenere il silenzio. Nella scuola elementare ci sono modalità e tecniche di insegnamento aggiornate, nelle superiori gli studenti (triennio) possono intervenire sui contenuti ed esprimono il loro parere, nella scuola media gli alunni, invece, parlano tra loro, o meglio mormorano; è il loro modo di manifestare il dissenso e la noia. Un fenomeno accentuatosi negli ultimi anni. In quella fascia i due compiti della scuola (competenze disciplinari e relazioni sociali) appaiono con più evidenza. E il secondo è più importante del primo. I mutamenti a quell’età sono veloci, imprevedibili… gli adulti chiamano in causa il gruppo, i cellulari… Su quel mondo il dibattitto emerge improvviso e convulso, a partire dai fatti di cronaca (bullismo…), ma tutto finisce presto.

Gli adolescenti nel lockdown hanno registrato un senso di perdita: le esperienze inedite con il gruppo degli amici, la socialità spontanea e senza regole… Nonostante la padronanza e l’uso del web essi hanno capito più degli altri che cosa hanno perduto. Gli adulti se ne fanno una ragione, ma gli adolescenti maturano convinzioni diverse. Usano il web ma perdono il corpo, il viso, i capelli, i vestiti, l‘apparenza, gli incontri, le parole ininterrotte con cui si parla di tutto e di niente…

Perdere due anni di alfabetizzazione sociale è grave quanto la perdita delle competenze disciplinari. Gli adulti temono il gruppo dei pari, il tempo passato insieme è dispersione di energie. Per i ragazzi non è così. Gli amici (il compagno di banco) sono fonte di informazione, terreno di scambio, risorse cognitive, complicità, regole condivise, ambiente emotivo dove diluire l’ansia. Con gli amici si inventano modi per passare il tempo, mettersi alla prova, rischiare. In questa pandemia il pericolo è il virus e la lotta si combatte con la mascherina, il lavarsi le mani… Troppo poco per loro.

E’ giusto che si chieda a tutti, ragazze e ragazzi, di prendersi cura del mondo circostante, assumersi la parte di responsabilità per l’epidemia. Ma facendoli sentire parte della comunità, trattarli da persone consapevoli, non come presunti untori. Parlare ad essi direttamente. Cercare insieme nuove parole e cose da fare insieme.

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