Come sarà il dopo Covid? Ce lo dicono artisti e profeti. E Simona, Isabetta, Tessa, Filippa…

CULTURA

Le grandi epidemie, le guerre hanno sempre portato mutamenti profondi, sociali ed economici. Ci saranno anche in conseguenza del coronavirus. Potranno essere attutiti da ristori e bonus? Oltre a stare attenti perché gli aiuti non finiscano in mani sbagliate, occorre costruire progetti nuovi, immaginare svolte coraggiose.

Il passato potrebbe darci qualche indicazione. Dopo la caduta dell’impero romano, alcuni eventi a metà millennio segnano una frattura di proporzioni inaudite. La popolazione dell’impero da 80 milioni del II secolo si riduce a un terzo nel VI secolo. Le cause? La terribile guerra greco gotica (535 – 553), la peste del 541 (cancella un terzo della popolazione), la misteriosa nebbia (536) che fa piombare Europa e Asia nell’oscurità per oltre un anno e sconvolse il clima per un decennio. Un ventennio di carestie, paure, anarchia, con la disintegrazione dell’amministrazione pubblica. Della civiltà romana tutto distrutto: strade, acquedotti, centri urbani… In quegli anni (540) S. Benedetto dettava la sua regola. Monaci benedettini amanuensi salvarono la cultura classica, il lavoro manuale cambiò il paesaggio: nuove coltivazioni, canali, argini… Poi un grande imperatore Carlo Magno (forse analfabeta), avvalendosi del monaco anglosassone Alcuino (735 – 804), riordinò le scuole, la scrittura, la conservazione delle fonti… La “scuola palatina” divenne il Centro culturale dell’Europa, lì si elaborò un programma di istruzione elementare per tutti i bambini, con obbligo per abati e vescovi di istituire scuole in ogni città o villaggio.

La peste del 1348 – 1349. Portò a una diminuzione di un terzo della popolazione europea. Molti beni e patrimoni rimasero senza padroni. All’inizio una corsa sfrenata all’accaparramento e alla ricchezza. Poi a Firenze i priori aiutarono i debitori insolventi per salvare manifatture, concerie… sostegni anche per biblioteche, acquisto di libri, botteghe d’arte. I libri erano miniati e costosi. La miniatura, un’arte nobile, parallela alla pittura. I nomi di Oderisi da Gubbio o Franco Bolognese… oggi non dicono nulla, allora avevano la stessa fama di Giotto e Cimabue.

A Firenze c’è un personaggio nuovo: Giovanni Boccaccio. Inizia a scrivere in piena peste (1349) un’opera straordinaria che avrà una influenza enorme in Italia e in Europa: Decamerone. Dieci giovani (sette sono donne), per sfuggire alla peste, si rifugiano in un podere fuori Firenze. Qui tra passeggiate, banchetti, canti, per dieci giorni, raccontano a turno una novella.

Il Decamerone è l’epopea dei mercanti, ebbe una straordinaria fortuna e nelle case era diffuso come la Bibbia. Una folla di re e proletari, nobili e prostitute, operai della lana e artigiani si muovono nel gran teatro del mondo. Affermano il loro punto di vista: ammirano la liberalità, deridono il potere e l’ignoranza, apprezzano prudenza e accortezza, si meravigliano per l’ingegno scintillante e la prontezza di spirito. Sono queste virtù, insieme all’amore, che danno nobiltà, sono esse che riscattano e danno dignità.

Nelle città vivaci e popolose c’è la sorpresa e l’avventura, lì l’intelligenza si mostra e si affina. La città è focolaio di incivilimento, scambi, relazioni. Nelle novelle figure di varia condizione sociale e culturale raccontano desideri, sogni, amori, ambizioni. Contano ricchezza e potere, ma la reputazione e rinomanza provengono dalla freschezza dell’intelligenza, dalla generosità, dal rifiuto di avarizia e grettezza. E’ l’aspirazione a una nuova società. Una nuova gerarchia di valori.

E’ dedicato alle donne. Sono controllate da padri e mariti, costrette a passare la maggior parte del tempo a casa e a soffocare in solitudine emozioni e sentimenti. In un mondo pesantemente condizionato dagli uomini, nel Decamerone la maggior parte del gioco è condotto da donne. Non solo femmine scaltre, ma spose forti e giudiziose, fanciulle eroiche e accorte, amanti intrepide, amministratrici attente. Un femminismo intelligente che deride l’egemonia maschile.

Il Decamerone lasciò il segno. Mercanti mecenati costruivano palazzi, piazze, monumenti, finanziavano botteghe d’arte. E se non lo facevano in vita, in punto di morte largheggiavano in donazioni (per salvarsi l’anima). L’Italia uscì prima di altri paesi dalla crisi e diventò l’area del mondo più ricca e progredita. Le città adornate e belle, l’Umanesimo e il Rinascimento, di cui tanto ci gloriamo, nacquero in quel periodo, dopo la peste.

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