La scuola nella lunga pandemia, tra perdite e resilienza, cambiamenti possibili e necessari.

SOCIALE

Quello che è certo è che dopo il primo lockdown si è perso tempo. Da maggio in poi. Allentamento, euforia… Nell’oscillazione tra autodenigrazione e patriottismo, allora ci sentivamo i primi del mondo.

Non poca attenzione è stata rivolta all’apertura della scuola: nuove aule da reperire, diminuzione del numero degli alunni in classe, nuovi banchi, sistemi di protezione… Si è parlato molto: politici, virologi (per qualcuno di essi la seconda ondata era eventuale)… la televisione non è mai andata in vacanza e con vivo senso della par condicio faceva intervenire tutti. Ma tutti si sono scordati del concreto “fare scuola”.

E’ mancata una riflessione approfondita della Didattica a distanza, che comunque era giudicata positivamente, come pure il lavoro da remoto. Si ipotizzava un ritorno a casa di quelli che lavoravano al Nord. Rientro in Italia di quelli che stavano all’estero. Vivere nel Sud e lavorare fuori, e il problema meridionale stava per essere risolto! Si è votato a settembre per le regionali, una campagna elettorale senza proposte per la scuola, per la medicina territoriale… Poi a ottobre ci si rende conto che le cose non vanno, i contagi crescono, ci sono regioni e aree del Sud che esplodono, ma molti aspettano la metà di novembre per accorgersene.

Il quotidiano “Le monde”, in questi giorni, in un articolo da Napoli, dice che nei Quartieri Spagnoli la meta o i 2/3 degli alunni non hanno seguito la Didattica a distanza. Ora queste nuove chiusure, un calendario di vacanze estive di tre mesi…. Insomma un anno perduto.

Il nuovo ministro Bianchi guarda alla “scuola che verrà”, ma deve gestire una difficile resilienza. Dice che “la scuola del passato non ci sarà più”… intanto occorre creare un ponte tra questo pezzo di anno scolastico e il prossimo. Nel dibattito entrano la formazione degli insegnanti, le riforme di contenuti e metodi, patti comunità, miglioramento della Dad… Sarebbe già molto se si eliminassero alcune incongruenze e se si utilizzasse convenientemente questo tempo a recuperare alcune perdite.

In primo luogo non si può fare contemporaneamente la didattica a distanza e quella in presenza. Non si possono curare alunni a casa e badare a quelli, anche se pochi, che stanno in classe. Sperando che il piano vaccinale dia i suoi frutti si deve pensare all’estate. Prolungamento fino a giugno e poi anticipo dell’anno scolastico. Si è sempre auspicato nei piani sociali di zona l’apertura della scuola nel pomeriggio e in estate, con figure diverse. Questa è la volta buona. In molti comuni si programmano attività estive, per alunni svantaggiati affidati a educatori ed animatori: giochi, visite guidate… Poi vi è l’esperienza importante del Grest. Centinaia di ragazzi coinvolti nelle singole parrocchie e decine di adolescenti – educatori, impegnati per una decina di giorni tra giochi, musica, attività ricreative e di formazione… Lo scorso anno molte parrocchie hanno rinunciato. A Mattinata, invece, è stata svolta una esperienza significativa, che ha suscitato interesse nella cittadina. Nessun contagio è venuto fuori. I contagi sono venuti con il pendolarismo lavorativo e studentesco a fine ottobre.

La scuola ha due obiettivi: le competenze e la socialità. Si possono recuperare le prime. Alla seconda invece non si presta molta attenzione. Per decidere occorre conoscere, e per conoscere bisogna saper cercare. In Olanda si è calcolata una perdita del 20% di competenze (argomenti non trattati, abilità perdute). Negli Usa il 35-40% di perdita in matematica e in inglese. Una percentuale che si allarga nelle fasce povere. Non è una questione quantitativa.

Quest’anno “senza scuola” ha provocato un aumento di abbandoni scolastici, ed anche una pericolosa demotivazione in chi era in difficoltà. Lo scarto tra alunni brillanti e seguiti a casa e quelli fragili è aumentato. Ci vuole buon senso e non pensare alle cose perfette. Il rientro a metà agosto potrebbe riguardare quegli alunni che devono recuperare. Quelli di famiglie fragili che non vanno in vacanza. Intanto non dobbiamo smettere di verificare che cosa abbiamo perduto e cercare di inventare nei singoli comuni forme e modalità di aiuto, sostegno, vicinanza.

Share on FacebookShare on Google+Tweet about this on TwitterShare on LinkedIn