Pedofila. Un terremoto in Francia. Cattolici disorientati e sgomenti. Il caso di Siponto.

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Tre anni di lavoro per la CIASE (Commissione Indipendente Abusi Sessuali), promossa dalla conferenza episcopale francese. Un esame accurato dal 1950. Settanta anni. 216.000 casi. Coinvolti 3.000 preti.

Se si aggiungono educatori, sagrestani, responsabili di gruppi e movimenti, si arriva a 300.000 casi. La Francia è sconvolta. Stati Uniti, Irlanda, Germania, Cile, Australia… Un terremoto che non passa.

Conosciamo oggi le conclusioni della Commissione e la reazione del Papa: sentimento di vergogna e gratitudine per il coraggio di chi denuncia, ed anche l’invito ai cattolici “ad assumere le loro responsabilità, perché la chiesa sia una casa sicura”. Cattolici che intervistati all’uscita dalle chiese mostrano smarrimento, turbamento, pronunciano una sola parola,”honte“, vergogna.

Il presidente della CIASE, Jean Marc Sauvé (autorevole magistrato del Consiglio di Stato), ha chiamato a collaborare psichiatri, psicologi, magistrati, teologi, educatori, storici… ed ha dichiarato che nella sua lunga esperienza ha affrontato problematiche politiche, etiche, giuridiche complesse, ma nessuna è stata più traumatica di questa.

Sono stati esaminati dal 1950 archivi, fonti giornalistiche, denunce… Come si procedeva? Le persone erano invitate a inviare uno “scritto” (si andava da tre righe a molte pagine). I colloqui (ora persone di 60 e 70 anni) erano condotti da psichiatri dell’infanzia e adolescenza e magistrati, ed erano qualcosa di diverso da sedute psicologiche o testimonianze dei tribunali… duravano il tempo dovuto, a volte diverse ore. L’audizione veniva trascritta dopo una consultazione collegiale e inviata alle persone-vittime che potevano correggerla e modificarla. Il denunciante aveva il totale controllo della sua testimonianza. “Molti hanno riferito di aver tratto giovamento. Si sono sentiti compresi, ascoltati. Sono passati dalla condizione di vittima a quella di testimoni. L’impatto di quel trauma è stato forte sulla vita affettiva e sessuale, sulla difficoltà a stabilire legami… Erano allora ragazzi da 10 a 13 anni. Nessun caso di amnesia, molti hanno occultato, ma mai dimenticato“.

Appartenevano a famiglie cattoliche. Tutti con le difficoltà delle vittime di comprendere quanto accadeva, trovavano difficile parlare, se lo facevano non erano creduti, se pure erano creduti venivano invitati al silenzio. Isolamento, sconforto, senso di colpa, perché erano essi ad aver accordato le “confidenze”. L’inizio era la “Confessione”. Dice lo psichiatra Thierry Boubet: “Ciò che mi ha colpito è l’uso del potere spirituale. Erano atti compiuti da un’autorità superiore, che si rispettava infinitamente. I pedocriminali appartenevano al “cerchio intimo”, invitati a pranzo, alle feste… partecipi alla vita della comunità. Figure carismatiche, maestri riconosciuti. Non si trattava di abusi compiuti da sconosciuti”.

In Occidente più della metà della popolazione si dichiara atea. In Francia ogni anno decine di chiese chiudono e decine di moschee nascono… Le banlieue francesi sono esplosive. Al centro del dibattito per le elezioni presidenziali è l’immigrazione, l’islamofobia. Il paese è insicuro perché non si vedono soggetti autorevoli per svolgere un’opera di confronto e mediazione. Potrebbe farlo la chiesa, che però fino al 2000 è stata indifferente alla pedofilia. Come ovunque. Una volontà perversa di nascondere la verità o la speranza che potessero essere casi isolati? Il rapporto con la verità è difficile. E finora si è sbagliato tutto, e le ferite si riaprono continuamente, più laceranti. In questi giorni la Chiesa inizia il Sinodo, al centro la necessità della missione, “uscire fuori dal tempio”. Ma come fare e con quale autorità?

Manfredonia-Siponto 1988. Il primo processo in Italia di pedofilia. Non si può non essere colpiti dall’intelligenza del vescovo Vailati, che ha affrontato il problema, ha ascoltato e presentato un promemoria apprezzato dai giudici per lungimiranza e pietà. Il caso riguardava un prete della “famiglia dei discepoli di don Minozzi, responsabili di un orfanatrofio costruito nel dopoguerra per orfani di guerra. I ragazzi andavano nella scuola pubblica a Siponto con i coetanei della borgata. Tutti (insegnanti, famiglie…) sapevano di quei ragazzi con problematiche difficili, pesanti. Nessuna autorità intervenne. Quel caso portato alla luce e l’intervento del vescovo indussero alla chiusura immediata dell’orfanatrofio.

Il Sinodo, gli oratori, la formazione dei preti, dei docenti di religione… Non riguardano solo i credenti. Interessano l’intera comunità come la predicazione degli Imam e le attività nelle moschee.

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