La “memoria” e la musica composta nei lager. La ricerca e la “missione” di Francesco Lotoro.

CULTURA

Ho conosciuto Francesco Lotoro all’epoca dell’organizzazione delle settimane per la cultura ebraica, curate dall’assessorato al Mediterraneo di Puglia e dalla comunità ebraica di Napoli.

Lotoro di quelle settimane era il coordinatore. Erano interessate le città segnate dalla presenza ebraica (Trani, Barletta, Manfredonia, S. Nicandro…..) con convegni, dibattiti, musica, mostre… “I legami tra ebraismo e Mezzogiorno – diceva Lotoro – si perdono nella notte dei tempi e la Puglia è una tappa importante di un percorso storico che ha visto il popolo e la cultura ebraica espandersi e diffondersi nel Mediterraneo“. Di fronte alle difficoltà sulla partecipazione di Manfredonia aggiungeva insistente e accorato: “Noi non possiamo rinunciare a Manfredonia… a Siponto è fiorita una comunità ebraica dalle radici profonde, nel Medio Evo fu uno dei centri più importanti del sapere ebraico in Italia“.

Sul finire del X secolo, infatti, giovani di Siponto si recavano a Pumpedita, sulle rive del fiume Tigri per studiare nell’accademia talmudica e al loro ritorno in patria contribuirono a far rinascere la lingua, il diritto, il sapere ebraico. Alcuni di quei giovani divennero maestri rinomati e alla loro scuola si formarono i rabbini sipontini Anan bar Marinos e Isaq ben Melchisedeq. Del primo ci resta un canto per la festa del capodanno ebraico ed un inno da recitarsi al termine del sabato. Isaq ben Melchisedeq (ca 1090 – 1160) a Siponto scrisse un commento autorevole sulla Mishnah, la grande raccolta della sapienza rabbinica. Il viaggiatore giudeo-spagnolo Beniamino da Tudela (secolo XII) menziona Isaq Melchisedeq come il grande maestro della città di Siponto (magnus vir ex Siponto urbe).

Già allora Francesco Lotoro, pianista, compositore di Barletta, docente al Conservatorio Piccinni di Bari, parlava del lavoro che ormai lo assorbiva totalmente. Una vera missione: recuperare la musica composta nei lager e farla vivere. Da oltre trent’anni cerca, raccoglie, esegue la musica scritta nei campi di prigionia da internati in gran parte uccisi e scomparsi. Una impresa epocale: ha trovato 8.000 partiture, scritte su pezzi di carta, stoffa, sacchi di iuta, cucite nelle fodere… Molti “pezzi”, diari… sono stati scoperti insieme a resti umani sepolti nei campi di sterminio (Birkenau).

Questa enorme produzione è spiegabile per Lotoro nella funzione assunta dalla musica in un contesto di prigionia, e cioè atto di resistenza. Da qui la prevalenza di canti e marce per scandire il lavoro coatto. Per alcuni musicisti la condizione di prigionia rappresentò addirittura uno stimolo alla creazione. Accanto a sinfonie, sonate per violino e pianoforte (vette importanti di musica concentrazionaria dell’austriaco Viktor Ullmann, del ceco Erwin Schulhoff, del polacco Herman Gurtler) ci sono melodie, canzoni, fughe, messe, oratori, cabaret, canti di lotta e religiosi… Un materiale straordinario riportato alla luce in viaggi, peregrinazioni innumerevoli e incredibili. Lotoro ha incontrato centinaia di sopravvissuti, parenti e amici. Oltre alle partiture molti canti sono stati imparati a memoria, e quindi affidati alla trasmissione orale, o anche a cartoline con annotazioni musicali spedite fuori dal campo. Brani di quelle musiche sono eseguiti in questi giorni a Bari, Berlino, Roma…. “Se questa musica non viene fatta ascoltare è come se non fosse uscita mai dai lager. L’ingiustizia che ha subito il compositore non deve subirla la sua musica. E’ come ucciderlo due volte”. Dice Lotoro.

8.000 partiture (il numero è ancora provvisorio) in un periodo che va dal 1933 (ascesa di Hitler) al 1953 (morte di Stalin). Una ricerca che si estende infatti anche ai gulag sovietici.

Nel 1938 a Dachau un musicista austriaco Herbert Zipper, con l’aiuto di un falegname, costruisce 14 strumenti musicali (i freni delle jeep sono usati come corde) e assemblò una orchestra clandestina, che riusciva a riunirsi in una latrina abbandonata. Lotoro, insieme alle partiture, ha raccolto diari e strumenti musicali… violini di quelle orchestre che nel lager accoglievano i treni dei deportati e accompagnavano la “grande malvagità”.

Il film documentario “Maestro. Alla ricerca della musica dei campi” racconta questa incredibile avventura umana e culturale. E’ una coproduzione italo – francese, diretta Alexander Valenti nel 2017. Francesco Lotoro racconta, inoltre, questa straordinaria ricerca nel libro appena uscito per Feltrinelli: “Un canto salverà il mondo” 1933 – 1953. Le partiture ritrovate nei campi di prigionia”.

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