Cara sinistra, svegliati! Il secolo socialdemocratico è finito.

SOCIALE

Un periodo strano, uno sciame sismico continuo. Leader scelti da minoranze esigue ed elezioni che vedono scomparire gli elettori. Possiamo chiamarla ancora democrazia?

Destra e Sinistra si sono definite sempre sulla base di valori “materialisti” (sicurezza economica, politiche di crescita e del lavoro…). Negli ultimi anni si sono affermati in Occidente valori “post materialisti”: realizzazione personale, scelte di ordine estetico, questioni di identità… promossi dal mercato e da pubblicità seduttive. Contemporaneamente assistiamo (per causa e per effetto) a profondi cambiamenti demografici (invecchiamento e denatalità soprattutto) e a mutamenti socioculturali inaspettati. A Manfredonia in un decennio (dal 2008 al 2019) la popolazione è diminuita (da 57.000 a 54.000 abitanti), raddoppiati gli anziani, dimezzate le nascite, ma il numero delle famiglie è aumentato da 18.000 a 21.500. Sono cresciute le famiglie unipersonali e le coppie senza figli. Il fenomeno è nazionale, europeo… La famiglia come la conosciamo (una coppia con figli) è sempre più minoritaria.

I cittadini “post materialisti” si riconoscono facilmente, ancor più dopo la pandemia, la crisi climatica accantonata, la guerra. Cercano l’autorealizzazione personale, in un orizzonte ristretto. Sono interessati alla cura di sé, a temi etici, a nuove e controverse forme di libertà. Si trovano bene nella loro cerchia e non sono disposti a negoziare le cose in cui credono. Pensano che non valga la pena mettere insieme problemi e difficoltà per cercare soluzioni collettive, politiche. Amano le novità.

Dopo la pandemia, il commissariamento per mafia… A Manfredonia l’imprenditore Rotice (anch’egli proviene dall’ancien régime) con il suo “E’ ora di cambiare”, ha anticipato tutti, uno slogan ripetuto e coniugato in varie forme. Intorno una cerchia di figure femminili, donne “imprenditrici” (ristorazione, turismo…). I cambiamenti socioculturali ne possono spiegare il successo?

Post materialisti non sono solo coloro che hanno rendite solide. Ne fanno parte anche quelli con redditi limitati, necessari a mantenere se stessi e non una famiglia. Non sono conservatori. Hanno voglia di uguaglianza, forse non nel senso che siamo tutti eguali, ma che ciascuno di noi è unico. Disprezzano  l’arroganza, la supponenza… Criticano gigli magici e sinistra da bar.

Sono individualisti (non egoisti), ci tengono più al cane, che a fare figli… E se non li fanno per paura? Proprio sull’idea di futuro si gioca una carta importante. Queste persone influenzano l’opinione pubblica, trascinano, muovono dall’assunto che i bisogni individuali sono prevalenti. Dobbiamo lasciarli al mercato? Quello dei consumi, del tempo libero. Non è possibile con essi costruire ponti per nuove forme di socialità e politiche collettive? Per farlo ci vogliono politici non portavoce, non compiacenti a tutto… dovrebbero offrire alternative, aiutare a percepire i bisogni.

Il “secolo socialdemocratico” in Occidente aveva due pilastri: intervento pubblico e welfare. Sono entrati in crisi. Resta questo Pnrr, l’ultima chance, che non annulla il debito pubblico; i soldi servono a rimettere in carreggiata ciò che è andato storto. L’Italia resta un paese fragile per via di un’idea di  Stato riparatore di guasti, invocato e mai amato. E oggi ci sarebbe bisogno di uno Stato capace di aprire nuove frontiere nella ricerca e nell’innovazione e di suscitare fiducia.

Il welfare ha cambiato la vita di tutti. Viene svuotato quotidianamente sotto spinte neoliberiste. Andava bene in un mondo fermo e schematico, non in una realtà che muta, in una società del rischio, dove è facile sbagliare e cadere. Non basta che l’intervento pubblico assicuri a tutti condizioni uguali di partenza (purtroppo nemmeno ci riesce e le disuguaglianze iniziali sono sempre più profonde), ma deve sorreggere durante il percorso di vita chi cade, scivola. E gli aiuti vanno dati a coloro che ne hanno bisogno, non a chi può farcela da solo.

E la destra oggi vincente? Ha sempre posto l’accento sull’individuo, sulla libertà personale. La differenza tra destra e sinistra è che per la prima l’individuo deve essere protetto, nella sua gabbia (dorata o meno) o in comunità ristrette e chiuse; per la sinistra le persone devono porsi in relazione e creare comunità aperte e ospitali.

“Oggi viviamo nel terrore sprigionato dal dilettantismo” (Han). E purtroppo non possiamo fare la rivoluzione. Ma politica e conoscenze (anche quelle fondate sull’esperienza) sono destinate a non incontrarsi più? Si può resistere ad un mondo piatto, conformista… che fa molto baccano e crea solitudine e mutismo? Leggo ora due progetti dell’Auser di Foggia (inviati da Geppe Inserra), che riparte con due percorsi: “memoria ritrovata” e “memoria coesione e futuro”. Sarà investita l’intera provincia. Sentiremo parole, testimonianze, ricordi, analisi intorno a un anno straordinario: 1969.

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