I corpi sono ucraini. Le armi dell’Occidente (che pensa a ricostruire). I pacifisti vs Amendola

CULTURA

Sono armi nuove e moderne, pronte per l’inizio dell’offensiva. Intanto si vedono immagini di continue atrocità. Solo l’imbarazzo della scelta.

Due esempi. Decapitazione di soldati ucraini. Nei social il commento di una donna ucraina, indignata con il giovane soldato che ha affrontato la morte implorando il suo carnefice, addirittura in russo! Ma non c’è stata condivisione: ampia, invece, la compassione, il diritto ad avere paura. I soldati di Kiev trovano nei soldati russi uccisi  il cellulare e ritengono “utile” trasmettere ai genitori, alle fidanzate le foto dei corpi martoriati.

Sorge sempre facile da quelle parti, accresciuto da questa guerra, il vecchio solido odio, per cui “se proprio devi sgozzare qualcuno, se lo conosci, godi di più e il lavoretto ti viene assai meglio”(Arturo Perez-Reverte). Terre da sempre laboratorio di violenze, persecuzioni, pogrom, stragi, deportazioni. Terre con una storia comune, carica di deformazioni, versioni offerte da singole storiografie che rafforzano le memorie divise e rimaste tali per generazioni.

Sarà ancora guerra di trincea? L’Occidente guarda e calcola quanti moriranno. Nessuno sa o vuole fermare questa guerra. Eppure metà dei soldati di Kiev hanno disturbi mentali da stress, tormentati dall’unico obiettivo: uccidere, uccidere… “non possiamo ricoverarli tutti, e i Russi chi li ferma? Il nostro compito è incerottare i pensieri e rinviarli al fronte”.

“Slava Ucraini. Gloria all’Ucraina”. E’ la frase con cui si chiudono incontri, appelli, interventi ufficiali e conversazioni private. Ovunque. Anche le donne esaltano il nazionalismo estremo, la guerra, il culto “eroicista”. “Mi piace la mia vita in guerra… adoro sparare… Niente è paragonabile all’esplosione di un carro armato. Spesso ringrazio Dio… di avere ancora un po’ di giovinezza, e che mi abbia dato quasi un anno di questa vita… mi piace tutto questo. Ho una figlia e un figlio. Sono una mamma… E questa guerra mi ha preso l’anima, mi ha preso il cuore E me ne vergogno” (Il Foglio). In Russia, invece la guerra è faccenda da uomini. “Sei un uomo,… sii uomo. Arruolati!” – così un manifesto per spingere ad arruolarsi.

Mentre la guerra non si ferma, in Europa si pensa alla ricostruzione. Il G7 ha creato la Piattaforma dei DonatoriUkraine Recovery Conference. Il primo incontro a luglio dello scorso anno a Lugano; il secondo a Londra nel prossimo giugno. Si prevedono fondi per 411 miliardi di dollari, ma il governo Ucraino ne richiede 750. In principio: fast recovery e ripristino infrastrutture civili ed energetiche. In seguito: ammodernamento grandi infrastrutture, regolamentare il mercato, adesione Ucraina alla UE. Germania e Francia si sono mosse prima (già lo scorso anno) con conferenze bilaterali. In Italia ci sarà una conferenza bilaterale il 26 aprile: governo italiano, ucraino, commissario UE, Confindustria. Tavoli tematici: trasporti, energia, ambiente, agrindustria, digitale, industria metallurgica… La zona dell’Italia dovrebbe essere il Donetsk, dove si combatte ancora! (Sole 24 ore, 2 aprile 2023).

Ma si può progettare la ricostruzione se non si sa come e quando finirà la guerra? Che ruolo ha la Piattaforma? Coordinare gli aiuti  o gestire la ripartizione degli appalti come in Iraq? Già, il modello Iraq! Una guerra che ora tutti dicono evitabile. Si parlava di armi di distruzione di massa. Alla Casa bianca c’era Bush, ma il senatore democratico Joe Biden era un convinto sostenitore. Gli iracheni con meno di 25 anni non ricordano le menzogne, sanno le centinaia di migliaia di morti… conoscono la corruzione, la violenza, la disoccupazione. L’Occidente non ammette mai i suoi errori. C’è però un fatto nuovo che la guerra in Ucraina ha messo in evidenza: una contrapposizione tra Occidente Atlantico e altre parti del mondo. Non è solo la Cina, c’è l’India, il Brasile, molti paesi africani. C’è insofferenza per il rifiuto dell’Occidente ad affrontare in modo multilaterale i problemi socioeconomici del mondo e la globalizzazione.

Non bisogna aspettare la fine del conflitto, già ora il mondo è cambiato. Gli investimenti per gli armamenti sono raddoppiati, triplicati, ovunque. E il pacifismo? A Manfredonia c’è stato un incontro nei giorni scorsi, si è parlato di non violenza e di altre “resistenze” possibili. E’ stata presentata la marcia della Pace, quella che il 25 aprile parte dalla comunità Emmaus e arriva all’aeroporto di Amendola. Il secondo aeroporto militare d’Europa, con aerei (F-35) in grado di portare missili nucleari. Alla biblioteca provinciale, il convegno, “Amendola, questione militare e la cultura del militarismo“, preparerà alla marcia del 25 aprile, alla quale parteciperanno i vescovi Franco Moscone e Giovanni Ricchiuti presidente di Pax Christi, che ha ricevuto a Foggia il premio della Pace del Rotary Club. Dai vescovi e dagli organizzatori il “No all’invio di armi in Ucraina“. Il mondo della pace avverte che il momento è difficile, e che una nuova cultura ha bisogno di maggiore preparazione, impegno, partecipazione dal basso.

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