L’arte perduta del viaggiare. Resta solo la voglia di spostarsi di turisti desiderati e blanditi.

CULTURA

Credi sia capitato solo a te e ti meravigli come di una cosa straordinaria che, nonostante lunghi viaggi e tanti luoghi visitati, non ti sei scrollato di dosso il peso dell’anima?

Lucilio, un romano del I secolo, scrive a Seneca e gli chiede perché mai un viaggio non l’abbia “aiutato”. “Devi cambiare d’animo, non di cielo”. Puoi attraversare il mare, il cielo, le tue angosce ti seguiranno. A un tale che esprimeva la medesima lamentela, Socrate rispose: “Perché ti stupisci? Il tuo viaggio è una fuga inutile, perché fuggi con te stesso”. Più che la meta del viaggio conta lo spirito. Occorre deporre il fardello, il peso di sé… e allora ogni località sarà piacevole, starai bene anche “in un cantuccio di terra barbara” e potrai considerare “come tua patria il mondo intero”. Non sappiamo se Seneca sia riuscito a convincere (guarire) Lucilio.

Il viaggio, fino a mezzo secolo fa, era lento, rischioso… era, però, una forza che mutava la storia personale, modificava rapporti, relazioni. Molti pensavano che un viaggio potesse aiutare a “cambiare dentro”. Nel Settecento – Ottocento il viaggio era al centro di percorsi formativi di artisti, poeti… L’Italia era meta privilegiata, sono innumerevoli viaggiatori e viaggiatrici che scrivevano lettere, diari, racconti che ci affascinano. Parliamo di cronache (molte sono perdute), cui ora attingono storici e appassionati di storia locale. I viaggiatori erano esploratori.

In pochi decenni si è imposto il “tutto compreso” del turismo di massa. L’ho colto in un momento preciso. Un pranzo a metà anni Novanta. Prima comunione o matrimonio, non ricordo. Al tavolo dove mi trovavo, diverse persone, conoscenti per lo più (si ritenevano informate e colte), non parlarono d’altro che di viaggi. Quelli da fare. Verso la Croazia, la Grecia,.. Qualcuno pensava di andarci in barca da Manfredonia o altro porto dell’Adriatico. In quegli anni i turisti crescevano, erano nel 2006 oltre 800 milioni. Oggi sono raddoppiati: un miliardo e mezzo. Si parlava durante la pandemia, di un calo dei viaggi in aereo. Invece nemmeno la guerra ferma il turismo. Una nota del governo tedesco consigliava ai connazionali di evitare le aree interessate alla marcia della Wagner verso Mosca. Tutto torna come prima, più velocemente di quanto credevamo, e quest’anno in Italia la richiesta dei passaporti è raddoppiata.

L’unica ipotesi di sviluppo su cui sono tutti d’accordo è il turismo, un settore da incoraggiare, sempre e comunque. I costi ambientali e culturali non si citano, non interessano. Il turismo (ambito di vanto della politica regionale) offre più cose, esperienze personali, gastronomia, cultura…). Resta però sempre balneare e ha diversi buchi neri. Destagionalizzare? Non ci si crede più. Si enfatizzano i dati di visitatori di musei e luoghi d’arte. Gli scavi, la tutela dei beni culturali, hanno senso solo se producono ricchezza e occupazione. Non riusciamo a fare altri discorsi che quelli economici.

Il turismo è la causa di quasi il 10% di emissioni globali. Ho letto che, in qualche paese come Germania e Olanda, ci sono persone che rinunciano a viaggiare, ma sono testimonianze isolate di coerenza. Si critica il turismo di massa. Dovrebbe calare, si sostiene. Chi può stabilirlo? Chi deve rinunciare a godere delle cose del mondo? Della bellezza devono usufruire solo i ricchi? Già oggi esistono forti differenze tra coloro che dispongono di mezzi per potersi godere paesaggi e luoghi esclusivi… E non contenti visitano i resti del Titanic.

Il turismo ha trasformato il pianeta in un’immensa “installazione turistica”, uno spettacolo uniforme. I posti belli sono tutti scoperti e non si sa più dove andare. C’è però un processo nascosto (di cui non si parla) che produce l’uniformità del mondo: ed è la cancellazione e il rifiuto di società multiculturali (più lingue, abitudini diverse…). Un processo accelerato di società sempre più identitarie, “sovraniste”, impaurite dalla diversità. Una cosa, però, il turista può fare: conoscere i paesi da visitare, non solo tramite le guide sul web, ma letture legate ai luoghi o totalmente altre. Fare del viaggio una conoscenza, una esperienza interiore.

Ma ci sono viaggiatori diversi. Quei giovani partiti a migliaia dal Sud e che tornano e portano idee ed esperienze. E ancora (questo sì che è un fatto rilevante e nascosto) i viaggi dei genitori che vanno  a trovare i figli lontani. So di molte persone, gente semplice, che non pensavano di viaggiare, non conoscono le lingue… eppure sono andate negli Usa, in Svezia, Germania, Irlanda. Sono centinaia di questa provincia quelle che nel corso dell’anno si recano in città del Nord per una nascita, un sostegno ai figli, o solo trascorrere un periodo insieme. Infine il turismo che manca, quello nelle vicinanze. I borghi più belli del modo, che nessuno visita. Luoghi vicini, pinete, angoli di città ignorati e trascurati.

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