Fare figli in un mondo che non sorride più alla maternità.

SOCIALE

La Sindaca di Torino, Appendino, ha detto che “la presenza dei fasciatoi è uno degli indicatori con cui un paese pensa alla maternità e alla cura dei più piccoli”. Ha raccontato come in un viaggio in auto verso Roma sia stata costretta a cambiare la figlia nelle condizioni più disparate: “un tavolino, una panca, due sedie affiancate”. Ed ha aggiunto che a Torino l’apertura di nuovi locali (anche con sconti sulle tariffe comunali) dipenderà dalla presenza di spazi dedicati al cambio dei pannolini.

Ho incontrato in queste vacanze di Natale una famiglia di Foggia residente a Trento: “Volevamo ritornare qui e ora che avremmo la possibilità!.… No. Non lo faremo. Abbiamo tre figli, siamo ritenuti famiglia numerosa e siamo sostenuti, ci sono molte agevolazioni, sconti, aiuti anche per le gite scolastiche…” Nelle province di Trento e Bolzano la natalità non è diminuita, anzi registra una crescita, leggera ma costante negli ultimi anni.

In Italia il calo delle nascite continua inesorabile. Nel 2016 sono state 474.000 (di cui 70.000 sono figli di immigrati). Nei primi 30 anni di storia repubblicana, i nati oscillavano annualmente dai 900.000 al milione, e lo superavano anche. Quindi siamo alla metà di allora. La Capitanata è l’area del Sud che soffre di più: calano le nascite, diminuiscono i residenti, si invecchia e aumentano l’età media e la popolazione dipendente. A Manfredonia ci sono 143 anziani per ogni 100 ragazzi 0 – 14 anni.  Erano la metà nel 2002 (75 per 100).

Se non ci saranno cambiamenti, la popolazione meridionale si ridurrà in meno di un cinquantennio al 27,3% di quella nazionale, rispetto all’attuale 34,4%. Una perdita di oltre 3 milioni di abitanti. La denatalità e i giovani che partono (in particolare laureati) sono le questioni più importanti, in cui si condensano le altre gravi emergenze del Sud.

Vi è sempre stata una connessione tra natalità e benessere economico ed è chiaro che un lavoro stabile permette di fare scelte di lunga durata. Incide sulla natalità il lavoro atipico e la migrazione dei giovani, ed è diffusa una paura del futuro, che un tempo veniva condivisa, socializzata, si trasformava in impegno politico e collettivo.

Abbiamo distrutto il valore sociale e culturale della maternità, relegata sola nella dimensione personale. Si potrà invertire questa tendenza e fare in modo che la maternità e l’infanzia diventino una priorità sociale e politica?

Giorni fa ho incontrato un operaio (riparatore di elettrodomestici), mi parlava  del fratello rimasto senza lavoro. “Per fortuna non ha figli!”. Poi ha aggiunto. “Qui non c’è nulla, non si fa nulla… Se uno ha un figlio piccolo non c’è un posto dove andare in bicicletta, tirare due calci a pallone. Il parco giochi vicino al castello è da tempo in abbandono. Con alcuni amici pensavamo pure di fare una colletta. Mica possiamo portare i bambini sempre al centro commerciale!” Le questioni che incidono sulla denatalità non rinviano tutte a problematiche economiche nazionali o europee.

Contano anche le piccole cose. I Baby pitt stop (luoghi per l’allattamento al seno e i fasciatoi), le giornate dell’infanzia (con le iniziative sulle strade sicure, l’alimentazione, sconti per le famiglie numerose ai supermercati nell’ultima settimana del mese, il posto dei passeggini sugli autobus…), il parco giochi, la cura di spazi aperti… sono elementi importanti  e indicano attenzione e cura alla maternità. In un comunicato del Comune di Manfredonia sull’apertura di 4 Baby pitt stop nell’autunno 2013 si legge: “non necessariamente per migliorare il livello di benessere si devono spendere soldi. Molte cose si possono fare mettendo in campo idee e immaginazione”.

 

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