“Siamo in guerra”. Ripetono tutti. Ma una guerra si vince con molte battaglie.

SOCIALE

Inoltre le battaglie hanno bisogno di molte azioni, contestuali o sequenziali, da fare prima o dopo. Quelle perse “si riassumono in due parole: troppo tardi” (Mac Arthur)

C’è la logistica, la dotazione di armi e strumenti, servono soldati, genieri, esploratori… Anche un’industria da guerra. In Italia dalla cautela iniziale, dovuta alla scarsa conoscenza del nemico, si è passati ad atti più decisi, ma l’idea giusta della separazione e dell’isolamento non è stata accompagnata da azioni efficaci. La gente aveva percepito la gravità, eppure la comunicazione è sembrata oscillare, all’inizio almeno, più a rassicurare e a non allarmare. Soprattutto non c’è stata tempestività nell’attrezzarsi per lo scenario peggiore, che pure era previsto. Ci saranno film, libri… su questo periodo, e un capitolo sarà dedicato a una parola piccola e leggera: mascherina. Ad oggi, dopo un mese mancano ancora, persino negli ospedali.

Dalle vicende accadute è emerso che la sanità non è fatta solo dall’ospedale; ci sono anche i servizi territoriali, quelli che normalmente fanno prevenzione e cura, sono a contatto con la gente. Per l’epidemia in corso: cura e sorveglianza a domicilio, luoghi prericovero e luoghi post rianimazione, quarantene. E quindi, medici di famiglia, pediatri, strutture socio sanitarie, servizi di prevenzione… Insomma, è stato sottolineato da tutti, la sanità è una filiera e l’ospedale è l’anello terminale.

Di fronte ai picchi intempestivamente previsti e annunciati e alla possibilità che andremo ben oltre il 3 aprile, si avverte delusione e stanchezza. Nelle case non si sta bene. E’ tutt’altra cosa da quello che dicono gli spot di cantanti e scrittori, attori e artisti. C’è sofferenza. E non è solo mancanza di soldi o penuria di cibo… Un prete mi ha detto: “Le famiglie normali vivono situazioni di disagio, quelle “normali” (tra virgolette) sono in sofferenza profonda”. Ho ricevuto ieri qualche sms. “Prima facevamo la passeggiata mattutina. Mio figlio usciva, si distraeva. Ora in casa, mangia e fuma. E’ aumentato in venti giorni di 5 – 6 chili. Le sigarette da dieci sono passate a trenta. E io ho 82 anni!”. “Ti ricordi? G. non ti aveva riconosciuto, poi è venuto a casa e ne ha parlato. Uscire gli faceva bene. Ora si è allettato”. “Ma quale didattica a distanza? A casa non abbiamo il computer?”. Poi storie di dipendenze, di anziani irrequieti, il tragico silenzio dei bambini… E quindi? Non dobbiamo stare chiusi in casa? Certo che dobbiamo. Ma queste sofferenze devono essere immaginate, ascoltate, capite.

Su molte problematiche abbiamo i Servizi territoriali, e spero che, pur con difficoltà, continuino a funzionare. Il Sert – Servizio tossicodipendenze (ricordiamo i carcerati evasi e morti ingurgitando il metadone). Poi il Centro salute mentale. Circa mille le persone servite nel territorio: giovani, donne… tante situazioni fragili. I Servizi sociali comunali, quelli di riabilitazione, di integrazione, il consultorio… E poi Caritas, parrocchie, associazioni… E’ opportuno che si raccolgano le storie e le esperienze di questi giorni. Racconti di sofferenza (e anche di resistenza) che ci saranno utili.

Ognuno di questi soggetti ha una mappa dei bisogni, delle persone, delle priorità… che occorre mettere insieme per intrecciare gli interventi… Sto parlando per Manfredonia, ma vale ovunque. Da incontri impegnativi e creativi sono nate molte azioni: pasti caldi a domicilio, buoni spesa, acquisto dell’ultimo minuto, acquisti collettivi, raccolta alimentare, mense, microcredito, e ancora assistenza domiciliare, trasporto disabili, recupero scolastico, mediazioni familiari, centri antiviolenza, sostegno famiglie numerose…

Ora con i buoni spesa… e successivamente, occorre ascoltare questi “servizi”. I comuni (i Commissari) devono ascoltarli, creare una regia, stabilire priorità. Bisogna tener conto che molti cittadini non sono abituati a chiedere, non telefonano, si vergognano. Sono spesso donne sole con minori, anziani malati, persone emarginate… E allora bisogna “scoprirli”. Andare oltre il buono spesa. Non è facile evitare abusi, ma che almeno chi ha più bisogno non sia penalizzato. Il sindaco Decaro ha detto: “I servizi sociali comunali sono in grado di provvedere. Conoscono i bisogni e ne hanno memoria”. E’ giusto. Purtroppo assistenti sociali nei piccoli comuni non ce ne sono. E a Manfredonia sono scomparsi.

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